mercoledì 3 novembre 2010

Il voto va e poi ritorna...

Osservo con rabbia e frustrazione la processione di cittadini che stanno andando a votare in 50 stati per rinnovare la Camera (453 deputati, essendo una piccola nazione di appena 310 milioni gli Usa si accontentano e non pretendono 630 poltrone come l’immensa Italia) e 37 senatori (su 100, due per ciascuno dei 50 stati dell’Unione) più vari governatori. A Washington, che non ha il diritto di avere senatori o deputati essendo una città-colonia non voterò, ma non è qui la rabbia con invidia. Comunque vada a finire, un risultato è certo: ancora una volta, e appena due anni dopo il trionfo di Obama e la valanga dei suoi Democratici sbarcati al Congresso (Camera e Senato) il tempo della politica cambierà. Destra o Sinistra, partito del Tè o del Caffè o della Tisana, il dato è che la classe dirigente politica eletta dai cittadini che vanno a votare – gli altri si arrangino se non così fessi da non farlo – cambierà di nuovo. Facce nuove, generazioni nuove, donne e uomini mai visti prima sbarcheranno in Parlamento a Gennaio. Non c’è bisogno di marchingegni elettorati, inghippi, papocchi, porcelli. Possono essere buoni o cattivi, bravi o asini, ma qui i dirigenti politici cambiano, la classi dirigenti si rinnovano, gli elettori insoddisfatti e incazzati lanciano i dadi. Rischi, ma senza rischio non c’è profitto e senza cambiamento non c’è speranza. Tanto, fra due anni, tutto potrà cambiare di nuovo. La carovana continua la sua marcia, non ha la gomme a terra come l’Italia.
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