Procede a pieno regime la preparazione della protesta del primo luglio, quando da undici piazze italiane, rinominate “presidi della libertà”, la società civile dirà il suo no al ddl intercettazioni. Assieme a loro ci saranno anche i giornali e le testate che in questi mesi hanno dato battaglia, compreso ovviamente Il Fatto Quotidiano e ilfattoquotidiano.it.
Nel frattempo l’amministratore delegato di Sky Italia, Tom Mockridge, è intervenuto pesantemente contro la legge bavaglio annunciando che si opporrà con tutte le forze all’approvazione del ddl. E se Emilio Carelli, direttore di Sky Tg 24, “dovesse finire in carcere per questo – dice l’editore – Io andrò insieme a lui”. Ilfattoquotidiano.it ha raggiunto Carelli al telefono. E a sorpresa ha però scoperto che il direttore del miglior Tg d’Italia, pur essendo disposto a battersi contro l’approvazione della legge, è molto più prudente del suo editore.
Direttore, tocchiamo ferro, ma Mockridge ha detto che sei lei dovesse finire dentro per aver violato la legge bavaglio, la seguirebbe in cella.
Voglio ringraziarlo pubblicamente per queste parole e per la sua solidarietà. L’ho anche chiamato prima per dirglielo. Stiamo portando avanti assieme questa importante battaglia.
Fino a dove è disposto ad arrivare per continuare a dare le notizie?
Io penso che non si debba mai violare la legge, anche se faremo di tutto per continuare a dare le notizie.
E nel caso non avesse scelta?
Questa è una decisione delicata che prenderemo di comune accordo con l’editore e che valuteremo caso per caso. Sicuramente di fronte a fatti importanti come notizie di mafia, di terrorismo o di corruzione, non siamo disposti a fermarci .
Chi vuole questa legge agita il diritto alla privacy dei cittadini. Al Fatto siamo però convinti che sia solo un pretesto per limitare il lavoro della magistratura e della stampa nel reprimere e denunciare il malaffare. Lei la pensa come noi?
La privacy è un diritto sacrosanto che in Italia è ampiamente tutelato. Purtroppo in questi ultimi anni ci sono stati colleghi giornalisti che hanno esagerato nella pubblicazione di pezzi che non contenevano notizie, ma solo aspetti piccanti della vita privata di vari personaggi. E questi sono abusi da biasimare. In questo contesto la difesa della privacy è diventato un pretesto. Ma c’è da dire che qualche collega ha offerto al Governo questo pretesto.
A chi si riferisce?
In questi ultimi due anni si è inutilmente violato il diritto alla privacy dei cittadini. E questo abuso oggi noi tutti lo paghiamo con una legge come questa.
Mi fa qualche esempio?
Esempi non ne voglio fare. Ma mi riferisco però a quei casi in cui si sono riportati fatti inerenti alla vita sessuale di personaggi, quando questi non avevano nessuna attinenza con dei reati o con delle notizie di reati.
Lo faccio io un esempio. L’intervista di Annozero a Patrizia D’Addario, andata in onda il primo ottobre scorso, l’avrebbe trasmessa?
Noi siamo stati il primo giornale a intervistare la D’Addario. Lo abbiamo fatto in tempi non sospetti, nel pieno dell’inchiesta e molti mesi prima di Santoro. E non lo abbiamo fatto dandole uno spazio così ampio. Sky Tg 24 le ha fatto un’intervista giornalistica di pochi minuti legata alle ipotesi di reato e di corruzione. Solamente questo. Non abbiamo fatto un’intervista per sfrugugliare fra le lenzuola della gente.
La legge bavaglio è stata duramente criticata anche dalle toghe.
C’è un problema di fondo: il rapporto non risolto fra politica e magistratura. L’abolizione dell’immunità parlamentare ha fatto sì che questo equilibrio si sia sbilanciato. So che è impopolare dire queste cose, ma in passato alcuni magistrati se ne sono approfittati. Dall’altra parte questa legge prevede norme che disinneschi e riduca il potere della magistratura. Io auspico che si torni a un equilibrio dei due poteri.
A proposito di giustizia il commissario europeo Viviane Reding ha bocciato il ddl dicendo che verificherà la compatibilità del testo di questa legge con le norme comunitarie. Che ruolo può avere Bruxelles in questa partita?
Sta agli stati sovrani decidere in queste materie. Ma l’Europa può avere un ruolo a livello di pressione e di sensibilizzazione. Noi di Sky abbiamo già annunciato che in caso di approvazione, se rimarranno delle norme molto restrittive, faremo ricorso a tutte le autorità competenti, sia italiane che europee: dal Parlamento alla Commissione, fino alla Corte europea dei diritti dell’Uomo di Strasburgo.
Noi del Fatto siamo convinti che, nel caso la legge bavaglio diventi operativa, Internet rimarrebbe l’unico strumento per continuare a dare le notizie.
So bene che, almeno in teoria, con un dominio registrato all’estero, si possono scavalcare queste norme. Ma mi permetta di dire che è estremamente triste solo pensare che un giornalista italiano si debba trasformare in una sorta di carbonaro e pubblicare dall’estero notizie che riguardano l’Italia. Il tutto per non subire le conseguenze di questa legge. Spero proprio che non saremo obbligati a utilizzare questi mezzi.
Che aria c’è nella sua redazione? Cosa dicono i suoi cronisti di politica su eventuali modifiche e tempi di approvazione?
Stiamo aspettando di vedere se si va dopo l’estate. Sembra che la mobilitazione di tanti giornali e dell’opinione pubblica sia riuscita a sollevare il problema e a introdurre la possibilità di qualche cambiamento. Se così fosse il ddl dovrà necessariamente tornare al Senato per un’altra lettura.
Nel frattempo il primo luglio c’è la manifestazione contro il ddl cui abbiamo aderito noi, il sindacato dei giornalisti e tante altre altre testate.
Naturalmente ci sarà anche Sky.
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