mercoledì 29 settembre 2010

L'angolo del sorriso

Di Pietro:"Berlusconi stupra la democrazia!"
Berlusconi risponde:"Ma quale stupro, l'ho pagata regolarmente"

http://www.facebook.com/?ref=logo#!/pages/Quelli-che-ti-comprano-casa-a-tua-insaputa/116418641721924

Studiare per lavorare… o far lavorare

Le classi più mature non sono facilmente recuperabili sul piano dell’istruzione. Politicamente è un grosso problema dir loro “arrangiatevi”, e così lo Stato vede di tutelarle, il che si è tradotto in Italia con il permettere loro di continuare a fare lo stesso lavoro proteggendo e salvando i settori interessati. Direi che questa è un’ottima ragione per la “stasi” indotta in Italia da subdole politiche industriali (si parla tanto dell’assenza di una politica industriale ma, come ho sostenuto qui, se ne può rintracciare per fatti concludenti una che da decenni mantiene invariata la struttura industriale). D’altra parte la “stasi” di una struttura economica imperniata su certa manifattura implica la non-necessità di alti livelli di istruzione, e da questo deriva anche il deprezzamento del merito a favore della pratica e della relazione (qui il ragionamento più in esteso). L’istruzione così perde una forza “trainante”, la “domanda di competenze”, e finisce per avvilupparsi su se stessa cedendo alle logiche burocratiche. È per questo che dico che in Italia si studia non per il proprio lavoro futuro ma per far lavorare gli insegnanti (e magari finendo anche per far lavorare i Paesi esteri che sanno accogliere le capacità di ex studenti italiani).
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Per tornare a quanto detto dell’istruzione italiana, se questa è (come non le rimane che essere) subordinata a logiche diverse dall’assecondare l’economia, chi è “forte” di istruzione è il primo a restare disoccupato perché appunto “forte” in qualcosa di “inutile”. Che poi questo si traduca soprattutto in disoccupazione giovanile è logico, perché i più istruiti e con meno esperienza (e l’esperienza è una delle cose più importanti in un contesto “statico”) sono i giovani, che quindi sono quelli che “valgono meno” e i primi a venir scartati.
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Il modo in cui è letta l’Agenda di Lisbona, per lo meno in Italia, è “create gente istruita, ché loro faranno crescere il Paese”. La realtà è che il mondo sta avanzando, prima il solo occidente ora sempre più anche gli emergenti, verso attività a crescente contenuto di informazione e conoscenza su cui l’istruzione ha un ruolo decisivo, un livello industriale da “occupare” perché gli altri, i più “labour-intensive”, vengano naturalmente (per la teoria dei vantaggi comparati) coperti da Paesi meno sviluppati; per questo far crescere l’istruzione è necessario. E questo è vero in un Paese che è disposto a cambiare. Ma l’istruzione è un fondo, a livello di Paese, una necessità che viene espressa con l’avanzare stesso dell’economia (che deve essere economia “aperta” alle innovazioni anche dall’esterno). Mille ingegneri in più non sono mille brevetti, ma 999 persone capaci di gestire un brevetto da cui emergono mille aziende che hanno bisogno di gente capace. L’imprenditore traina, l’istruzione asseconda, e come una corda tira dietro l’economia. Ma in Italia, si è visto, non c’è vero spazio per l’innovazione o per mettere in discussione l’esistente, e quindi per una vera imprenditoria.

E non si può spingere una corda.


http://www.chicago-blog.it/2010/09/29/studiare-per-lavorare-o-far-lavorare/

Aggiunta personale: fosse questa anche una (con)causa di certi atteggiamenti sindacali tesi solo alla difesa dell'"esistente"? Ai lettori l'ardua sentenza (compresi quelli le cui orecchie stanno fischiando... :P )

Adesso la colpa di tutto...

e'del fatto che, pensa te!, l'Italia vorrebbe evitare di fallire:


Gotti Tedeschi, tuoni sull’euro: "maledetto fu il modo di ingresso nell’euro che ha imposto l’abbattimento degli interessi sui titoli di stato, colpendo le famiglie e determinando così il crollo dei consumi. e questo mentre Prodi e il suo ministro del tesoro Carlo Azeglio Ciampi conoscevano i report degli ambasciatori, dove veniva evidenziato che gli industriali francesi e tedeschi non avrebbero mai (e sottolineo mai) consentito di tenere fuori l’Italia dall’euro, per il terrore della svalutazione"


(costui é il Presidente dell'IOR; evidentemente, il Vaticano aveva speculato sul fallimento dell'Italia...)

http://www.dagospia.com/rubrica-5/cafonal/articolo-18978.htm

domenica 26 settembre 2010

La politica dei video-messaggi

La politica dei video-messaggi

Francia: l'ex ct della Nazionale Domenech ha chiesto il sussidio di disoccupazione

Francia: l'ex ct della Nazionale Domenech ha chiesto il sussidio di disoccupazione: "L'ex allenatore dei bleus beccato a fare la domanda in un'agenzia del lavoro di Parigi"

"Io, scacciata dal partito perché ebrea. Fini disse che ero pazza"

"Io, scacciata dal partito perché ebrea. Fini disse che ero pazza": "

Tullia Vivante, i suoi antenati fondarono le Generali. Il padre fu al fianco di D’Annunzio a Fiume. Era un’attrice agli albori della Rai. Bush la invitò alla Casa Bianca. Ma la persecuzione razziale dei troppo bravi non finisce mai. Un dirigente di An le diede della "troia e stupida oca". Poi spiegò che le stava preparando "una saponetta con incisi sopra i nomi dei campi di sterminio"

Italia Futura: maggioranza compatta in difesa di un indagato di camorra, non per fare le riforme

Italia Futura: maggioranza compatta in difesa di un indagato di camorra, non per fare le riforme

Silvio Berlusconi

Silvio Berlusconi: "
Silvio Berlusconi: 'Soliti insulti e falsità. Dalla politica immagine disastrosa:'

Dopo 16 anni da protagonista nel teatrino della politica.

25 settembre 2010

I fatti di chi produce e le parole (e gli insulti) di chi ha fallito

I fatti di chi produce e le parole (e gli insulti) di chi ha fallito: "Ha ragione Bossi. È facile parlare e più difficile agire. Bisogna ascoltarlo quando discetta sul valore dei proclami perché si tratta di un vero esperto in materia. Negli ultimi sedici anni ha costruito il successo della Lega sul lavoro di organizzazione del partito ma anche sulle provocazioni (e ultimamente su qualche gesto). Di fatti invece se ne sono visti ben pochi. Leggi tutto"

"Ecco come gli uomini del premier hanno manovrato la macchina del fango"

"Ecco come gli uomini del premier hanno manovrato la macchina del fango"

I finiani: mossi anche i Servizi. Hanno isolato otto questioni "decisive per capire" e il direttore del Secolo Perina le ha ordinate come se fossero domande. Il presidente della Camera ha avuto la certezza che la casa di Montecarlo non è del cognato

Nvidia: ARM smartphones will bury x86 PCs

Nvidia: ARM smartphones will bury x86 PCs: "ARM will triumph over Intel as smartphones and tablets disrupt the x86 PC industry, said Jen-Hsun Huang, chief executive of Nvidia, speaking at the company's annual conference."

sabato 25 settembre 2010

Ma Augusto Minzolini ci costringe a tifare Santoro

Ma Augusto Minzolini ci costringe a tifare Santoro: "Giovedì sera torna in tv Michele Santoro. E Santoro, per essere chiari, è migliore di ...."

Psicoinformazione

Psicoinformazione: "

Ieri il Giornale, che è l’inserto umoristico di Libero, parlava in prima pagina, ma solo di sguincio, del presunto scoop sulla presunta lettera del presunto ministro di Saint Lucia al suo presunto premier sulla casetta a Montecarlo (ai Caraibi non si parla d’altro). Titolo: “Tulliani: ‘Io proprietario? Tutto falso’. Ma da St. Lucia nessuna smentita”. Ecco: è Tulliani che deve dimostrare di non essere il proprietario della società acquirente, e non il Giornale a provare che lo è. E l’assenza di smentite da St. Lucia è la conferma che il proprietario è lui. Meno male che questi sono “garantisti”, altrimenti scriverebbero che Tulliani è il mostro di Firenze, poi lo sfiderebbero a dimostrare che non lo è, e se il ministro di St. Lucia non smentisse, allora vorrebbe dire che lo è.

Pagina 8: “Paradosso Cosentino, l’eterno indagato senza mai un processo. Accusato di concorso esterno, non riesce neppure a farsi ascoltare dai pm”. Se è per questo, non riesce neppure a farsi arrestare, visto che la Camera – a sua insaputa, s’intende – si ostina a impedire ai giudici di eseguire il mandato di cattura e di leggere le sue intercettazioni indirette. Secondo il Giornale, poi, “le inchieste condizionano la carriera politica di Cosentino”. E questo è vero: se emerge ancora qualche prova di camorra, quello rischia seriamente di diventare presidente del Consiglio. Quanto al voto della Camera, il Giornale titola: “L’agguato al governo fallisce. La Russa: ‘Vittoria per l’esecutivo’”. Ma che c’entra il voto sulle intercettazioni di un indiziato per camorra con il governo, la vittoria, la sconfitta, l’agguato? Dovrebbe essere un fatto tecnico-giuridico: se c’è fumus persecutionis, si dice no; se non c’è, si dice sì. Invece qui nessuno parla di persecuzione, ma la maggioranza dice no lo stesso, con queste decisive motivazioni: le prove sono “fragili” e le telefonate non dimostrano “la colpevolezza di Cosentino”, ergo i giudici non possono usarle. Ma (a parte il fatto che la Cassazione ha già detto che l’impianto accusatorio è granitico e Cosentino va addirittura arrestato) la Camera non può giudicare se le prove sono valide o meno: altrimenti i tribunali che ci stanno a fare? E la separazione dei poteri? Quisquilie.

Eccoci a Libero, che è l’inserto umoristico del Giornale. Prima pagina: “Il presidente è nudo. Fini si dichiara vittima di un complotto. Per dimostrargli che non lo perseguitiamo, non pubblichiamo le sue foto senza veli”. Sotto, una gigantografia di Fini nudo che si cambia il costume in barca, le pudenda coperte da una fogliolina di fico. La mano destra che fa il titolo non sa cosa fa la sinistra che mette la foto. Titolo garantista  a pagina 2  : “La casa è del cognato. Sbugiardati i sostenitori del complotto. Nessuna smentita”. Il fatto che il cognato smentisca è un dettaglio trascurabile. Altro titolo memorabile a pagina 1: “L’inchiesta sul metrò arriva in Procura. E i finiani tremano”. Dunque, se la Procura indaga sui finiani, vuol dire che c’è del marcio tra i finiani. Ma a pagina 7 il principio si ribalta: “Strane coincidenze. Il pm che indaga sul Pdl per i rifiuti in Abruzzo era quello pizzicato nel fuorionda su Fini”. Ecco, visto che lì gli indagati sono del Pdl, se la Procura indaga vuol dire che c’è del marcio in Procura. Infatti, su reati commessi a Pescara, indaga addirittura il procuratore di Pescara e non, per dire, quello di Vipiteno: “Strana coincidenza”, dev’esserci sotto qualcosa. Non basta: la Procura di Roma investiga sullo Ior che ha sede a Roma e non solo: “Il pm è di Md” (come del resto un quinto dei pm). Resta da capire perché uno di Md non deve indagare sul Vaticano: fosse un pm sciita, buddista, animista, mormone, avventista del settimo giorno, si capirebbe vagamente la polemica. Ma Md, che c’entra Md col Vaticano? Libero chiude in bellezza su Nick ’o Mericano: “No alle intercettazioni. Vittoria di Cosentino: la rivincita contro Saviano”. Un processo per camorra diventa una partita di calcio tra Cosentino e Saviano: 2 a 0 palla al centro. Tiè.

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Wikipedia si vota ai voti

Wikipedia si vota ai voti: "Annunciato l'avvio della sperimentazione di un tool per inviare feedback agli editor. 400 articoli selezionati potranno cosi' essere votati in base a criteri come l'obiettivita' e la completezza

Quando il governo di B. dava milioni a St.Lucia

Quando il governo di B. dava milioni a St.Lucia: "

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Nel corso della conferenza stampa di ieri sull’ormai nota vicenda relativa all’autenticità del documento proveniente dalla piccola isola caraibica, il ministro della Giustizia Rudolph Francis, nel confermare di averlo scritto di suo pugno, riferisce di non sapersi ancora spiegare come una lettera riservata tra lui ed il primo ministro sia finita nelle mani della stampa italiana ma ipotizza una falla nella sicurezza del sistema di comunicazione elettronica dell’isola (qui sopra il video in esclusiva de Il Fatto Quotidiano).

Si tratterà, naturalmente, solo di un caso, ma nel luglio del 2004, il nostro Governo – era il II Governo Berlusconi – ha investito 9 milioni di dollari nei caraibi, ivi inclusa Santa Lucia, per lo sviluppo dell’ICT locale.

9 milioni di dollari in ICT nel 2004, per un Paese come il nostro che nel 2010 continua ad essere refrattario ad investire 100 milioni di euro in banda larga ed il fanalino di coda in termini ICT in Europa, sono, davvero, una bella cifra.

I rapporti tra il Governo Berlusconi e la piccola perla dei Caraibi, peraltro, sono sempre stati ottimi come nel luglio del 2005, l’ex primo ministro dell’isola, confermava all’on. Giampaolo Bettamio (Pdl) all’epoca sottosegretario del Ministero degli affari esteri, nel corso di una sua visita di cortesia.

Kenny Anthony, peraltro, in quell’occasione, sottolineava anche come lo stesso Premier, Silvio Berlusconi, in passato, fosse stato gradito ospite dell’isola.

Con una punta di malizia, si può ipotizzare che un investimento di 9 milioni di dollari in ICT abbia garantito a qualche impresa italiana la possibilità di sviluppare reti, software e sistemi di comunicazione al sole dei caraibi e che, magari, qualcuno abbia conservato qualche buon amico tra chi gestisce i sistemi di comunicazione locali o, piuttosto, si ricordi ancora una password…

Se quel documento fosse vero, questa potrebbe essere la strada per risolvere il mistero del ministro della giustizia di Santa Lucia: come un documento riservato e confidenziale rivolto al suo primo ministro sia finito nelle mani della stampa italiana.

Come dice un vecchio proverbio – non so quanto condivisibile – “A pensar male non si fa peccato”.

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Indegnità di servizio

Indegnità di servizio: "

Gent. Sig. Presidente della Repubblica, apprendiamo con sollievo la Sua decisione di revocare a Calisto Tanzi il Cavalierato al Merito del Lavoroper indegnità”, in quanto reo confesso di gravissimi reati finanziari. Il sollievo deriva sia dal merito della decisione, sia dalla ricomparsa di valori che parevano caduti ormai in desuetudine: dignità, onorabilità, rispettabilità, reputazione. “Finalmente!”, verrebbe da esclamare, visto che il crac Parmalat da 15 miliardi sta per compiere sei anni. Meglio tardi che mai. Apprendiamo poi con curiosità che la revoca è stata proposta dal ministro dello Sviluppo economico: deve trattarsi, se non andiamo errati, di un altro Cavaliere del Lavoro, comunemente noto appunto come “il Cavaliere”, anche se la sua dimestichezza con i cavalli è decisamente più incerta di quella con gli stallieri.

Ecco, il fatto che B. ritenga “indegno” Calisto Tanzi (peraltro mai giudicato colpevole in Cassazione) ci ha messi parecchio di buonumore. Perché è vero che l’ex cavalier Tanzi ne ha combinate di tutti i colori. Ma anche il cavalier B. non si è certo risparmiato. Un breve curriculum del personaggio potrà aiutarci a fissare più precisamente i confini della dignità e dunque dell’indegnità. Il soggetto in questione soffiò la sua prima villa a un’orfana minorenne pagandola una miseria, poi vi ospitò per due anni almeno un mafioso (e, se Dell’Utri sarà condannato anche in Cassazione, potremo dire che ne ospitò almeno due); fece carriera grazie alla loggia P2, alle cui sirene era molto sensibile il presidente Giovanni Leone che nel ‘77 gli conferì il Cavalierato del Lavoro; negli anni ‘80 comprò Craxi, pagandolo almeno 23 miliardi, in cambio di leggi e decreti ad personam, dai salva-tv alla Mammì; intanto finanziava l’avvocato Previti perché comprasse giudici e sentenze; è giudiziariamente provato (in Cassazione) che è grazie a una sentenza comprata con soldi suoi che sottrasse la Mondadori a un concorrente; ed è giudiziariamente provato che il teste Mills fu corrotto da B. per testimoniare il falso sulle tangenti Fininvest alla Guardia di Finanza e sui fondi neri All Iberian, dunque se Mills avesse detto la verità B. sarebbe stato definitivamente condannato e oggi sconterebbe quella e altre successive pene nelle patrie galere. Mi fermo ai fatti ormai irrevocabilmente accertati, senza tediarla con altre gravi vicende (per esempio le ultime rivelazioni, con documenti originali, del figlio e della vedova di Vito Ciancimino sugli investimenti di quest’ultimo nelle società del nostro negli anni ‘70) e senza rammentarle le 39 leggi vergogna che Lei ben conosce, avendo promulgato le ultime otto. La domanda, ora, è semplice: che deve fare di più e di peggio un imprenditore, che nel nostro caso è pure un politico, per vedersi revocare il Cavalierato del Lavoro per manifesta “indegnità”? Insomma che aspetta, signor Presidente, a tirar giù il sedicente Cavaliere dal suo inesistente cavallo?

PS. Perdoni l’ardire, signor Presidente, ma sempre in tema di indegnità e di revoche, le sottoponiamo sommessamente anche il caso di Giulio Andreotti, sette volte presidente del Consiglio e una ventina di volte ministro, giudicato mafioso fino al 1980 da una sentenza di Cassazione e nominato nel 1990 senatore a vita da Francesco Cossiga, altra preclara figura. Di recente l’Andreotti ha dichiarato in tv, col ghigno di un vecchio sciacallo malvissuto, che Giorgio Ambrosoli la morte per mano della mafia “se l’andava cercando”. Come del resto Falcone, Borsellino, Dalla Chiesa, La Torre, Mattarella e le centinaia di galantuomini che, se avessero fatto come lui, si sarebbero iscritti alla mafia e oggi sarebbero vivi, anzi senatori a vita. Ecco, signor Presidente: non crede che sia giunto il momento di revocare il laticlavio a questo figuro per “indegnità” o almeno di invitarlo in via riservata a non mettere mai più piede in Parlamento per tutelare la dignità delle istituzioni? In attesa di un cortese riscontro, porgiamo distinti saluti.

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Vittorio Feltri visto da vicino

Vittorio Feltri visto da vicino: "

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La criminalizzazione degli avversari del proprio dittatore di riferimento è la specialità di certo giornalismo. Un giornalismo di cui è campione Vittorio Feltri. Freddo, cinico, privo di scrupoli, è emerso come uno dei più zelanti esecutori del regime mediatico berlusconiano.

L’autunno scorso organizzammo a Milano una manifestazione contro il suo metodo giornalistico. Il giorno dopo leggemmo in seconda pagina sul Giornale che avevamo minacciato lui e tutta la redazione. Motivo: avevo detto che gente come Feltri avrebbe dovuto temere, uscendo di casa, la giusta riprovazione dei cittadini informati e indignati. Esortavo cioé i presenti a contestarlo carte alla mano, non a linciarlo. Tempestai la redazione di lettere e telefonate per documentare la falsità di quanto scritto. Nessuna rettifica fu mai pubblicata.

In un paese serio Feltri si sarebbe squalificato a vita da solo, e da molto tempo, a colpi di bufale e menzogne. In Italia si attende ancora il responso dell’ordine dei giornalisti per la conferma di una sospensione di sei mesi, mentre lui continua a dirigere il quotidiano di proprietà del fratello del primo ministro. In quale modo lo vediamo ogni giorno: adesso è il turno di Fini, trattato come un criminale da quando ha deciso di emanciparsi dal suo sdoganatore.

Prima fu il turno di Dino Boffo. Sappiamo come finì: la patacca fu scoperta, Boffo fu rovinato, Feltri se ne scusò.

Tra dicembre 2009 e gennaio 2010 toccò ai “mandanti morali” di Tartaglia. Ricordate? Gli squadristi mediatici al servizio del governo approfittarono di un fatto di cronaca per colpire oppositori scomodi, giornalismo critico, movimenti di opinione. Tutti iscritti d’imperio al “partito dell’odio“. Fu un mese di pura violenza mediatica, di diffamazione organizzata. Come sempre i fatti si incaricarono di smentire le squadracce: Tartaglia si rivelà essere un individuo con disagio psichico senza alcun legame politico. Ma a certa gente non importa nulla della verità dei fatti.

Memorabile la prima pagina del Giornale del 15 dicembre. “Era tutto organizzato“, questo il titolo a caratteri cubitali. Sottotitolo: “Trecento violenti in piazza“. Insomma, tra i “mandanti morali” e i fomentatori di odio c’eravamo anche noi, quei cittadini (alcune decine, non certo “trecento“) che spontaneamente, in piccoli gruppi indipendenti, prima del fattaccio erano convenuti in piazza Duomo a contestare pacificamente Silvio Berlusconi.

Un mese dopo mi capitò di incontrare Feltri a una conferenza e non mi lasciai sfuggire l’occasione per chiedergli conto di quella prima pagina che avevo conservato. Ve lo assicuro: meglio dal vivo che dietro una tastiera.

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mercoledì 22 settembre 2010

Nuovo fenomeno al Cern: "Forse è materia Big Bang"

Un fenomeno "mai visto finora" è stato osservato da uno dei quattro esperimenti dell'acceleratore di particelle più grande del mondo, il Large Hadron Collider (Lhc) del Cern di Ginevra. Tra le ipotesi considerate c'è quella secondo cui potrebbe trattarsi della materia primordiale, comparsa subito dopo il Big Bang.
L'annuncio, dato oggi in un seminario al Cern, arriva a nemmeno sei mesi dalle prime collisioni ed è stato osservato nell'esperimento Cms (Compact Muon Solenoid), coordinato dall'italiano Guido Tonelli dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare.

Secondo Tonelli "è molto presto per capire esattamente di che cosa si tratta. Ci sono cinque o sei diverse ipotesi e in questo momento sarebbe assolutamente prematuro trarre delle conclusioni. Quello che osserviamo è un fenomeno nuovo, che intendiamo studiare in dettaglio".

L'ipotesi più suggestiva è che possa trattarsi di qualcosa di simile alla "miscela primordiale", ossia il plasma di quark e gluoni prodotto nei primi 20-30 microsecondi dopo il Big Bang.

Un simile stato della materia è stato finora prodotto solo con ioni pesanti nell'acceleratore Rhic (Relativistic Heavy Ion Collider), dei Laboratori statunitensi di Brookhaven.

http://www.repubblica.it/scienze/2010/09/21/news/forse_scoperta_materia_big_bang_nuovo_fenomeno_all_lhc_del_cern-7292426/

domenica 19 settembre 2010

Uso improprio di "Meno male che Silvio c'è" l'autore chiede i danni a Sabina Guzzanti

Uso improprio di "Meno male che Silvio c'è" l'autore chiede i danni a Sabina Guzzanti

Andrea Vantini ha intentato un'azione legale nei confronti della regista del film "Draquila", ma anche della Bbc che ha trasmesso il documentario "Berlusconi show" e di Erik Gandini per "Videocracy"

La sinistra divisa tra realisti e sognatori

La sinistra divisa tra realisti e sognatori

Rai, Santoro fa il martire: "Annozero sta per iniziare ma senza contratti e spot"

Rai, Santoro fa il martire: "Annozero sta per iniziare ma senza contratti e spot": "

Annozero non è ancora iniziata, ma già montano le solite polemiche. E' tutto pronto, ma il conduttore alza i toni: "I contratti di Travaglio e Vauro non sono ancora stati firmati e lo spot è fermo sul tavolo del direttore generale"

Il falso del Tg1 su Repubblica

Il falso del Tg1 su Repubblica

Perché i rom sono nomadi?

Perché i rom sono nomadi?: "

Non è raro trovare i rom sulle pagine dei giornali, spesso anche quando non c’entrano nulla, come nei falsi allarmi dei casi di bambini rapiti. Dopo la decisione del presidente Nicolas Sarkozy di chiudere 300 campi rom espellendo centinaia di rom con una buonauscita di 300 euro a testa per adulto e 100 per bambino, in Francia si è aperto un acceso dibattito che si è immediatamente trasformato in uno scontro tra partiti e ideologie.


Partendo da questa notizia, Slate ha deciso di raccontare la storia dei rom e spiegare perché questo popolo è nomade. La risposta breve è: a causa delle persecuzioni. I rom — chiamati anche, ormai con accento dispregiativo, zingari — sono originari dell’India, probabilmente del nord, area che hanno però dovuto lasciare nell’undicesimo secolo a causa dell’invasione musulmana. Intorno al 1300 sono arrivati nel sudest europeo, dopo aver attraversato l’impero bizantino.


La particolarità della loro lingua ha alimentato la xenofobia negli abitanti dei luoghi in cui cercavano di sistemarsi, e si suppone che la loro attenzione alla purezza etnica li abbiano portato a non volersi mescolare con le popolazioni che incontravano, spingendoli a continuare a viaggiare. Quando nel quindicesimo secolo sono arrivati nell’Europa occidentale, sono stati presi per invasori ottomani a causa del colore scuro della pelle, e dichiarati fuorilegge dal Parlamento tedesco di Freiberg. I rom furono quindi obbligati a spostarsi di nuovo.


Il nomadismo è diventato così un modo di vita, e i rom sono entrati a far parte dell’economia europea vendendo oggetti nelle aree rurali distanti dai negozi. Nel suo libro Gli zingari Angus Fraser scrive che “erano conosciuti come portatori di notizie, venditori di merce economica (spesso costruita da loro), riparatori di oggetti casalinghi, lavoratori stagionali (per la raccolta di fieno, piselli e frutta), o guide per i viaggi”. Con l’arrivo delle nuove tecnologie di comunicazione, i rom hanno continuato a fare lavori stagionali che richiedono spostamenti, sostituendo i tradizionali caravan con roulotte e camper. Qualche rom ora apprezza la libertà del nomadismo e lo considera parte della propria cultura.


In questi ultimi decenni, però, le cose stanno cambiando. Molti rom hanno iniziato a stanziarsi, per quanto possibile, nei luoghi in cui arrivano, sia per scelta personale sia per obbligo. I regimi comunisti dell’Europa dell’est, come la Bulgaria, hanno costretto i rom a stabilirsi nelle loro città, creando appositamente dei ghetti. In generale, nonostante non ci sono numeri ufficiali, si stima che al giorno d’oggi la maggior parte dei rom viva in appartamenti e case.


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Banda larga a 100 Mb al 50% degli italiani

Banda larga a 100 Mb al 50% degli italiani: "

Trovato l'accordo tra operatori e governo per la modernizzazione delle reti in Italia. Secondo l'agenda digitale europea entro il 2020 la metà delle abitazioni italiane dovrà essere raggiunta da reti a 100 megabyte

Il marchio più ricco? La Coca Cola

Il marchio più ricco? La Coca Cola: "

Medaglia d’argento per IBM, terzo posto per Microsoft. Nella classifica tre griffe italiane: Gucci, Ferrari e Armani

Dove va Marchionne

Dove va Marchionne: "Ha rivoluzionato la Fiat, spaccato il sindacato, diviso i politici e spiazzato anche gli imprenditori. Ma adesso il manager che viene dal Canada ha davanti a sé la scommessa più difficile"

sabato 18 settembre 2010

Quel falso buonismo giocato sulla pelle dei bambini

Polemica a Roma, l’assessore capitolino Marsilio: "I figli degli immigrati nati qui sono stranieri". La sinistra insorge e fa la solita demagogia

Quel falso buonismo giocato sulla pelle dei bambini

Aiuto! L’appello di Michele Santoro per Annozero

Aiuto! L’appello di Michele Santoro per Annozero: "

Cari amici, sono di nuovo costretto a chiedere il vostro aiuto. Giovedì 23 settembre alle ore 21.00 è prevista la partenza di Annozero ma la redazione è tornata al lavoro da poche ore e con grande ritardo, i contratti di Travaglio e Vauro non sono ancora stati firmati e lo spot che abbiamo preparato è fermo sul tavolo del Direttore Generale .

Tuttavia, se non ci sarà impedito di farlo, noi saremo comunque in onda giovedì prossimo e con me ci saranno come sempre Marco e Vauro.

Vi prego, come avete fatto con Rai per una Notte, di far circolare tra i vostri amici e tra le persone con cui siete in contatto questo mio messaggio avvertendoli della data d’inizio del programma.
Nelle prossime ore vi terrò puntualmente informati di quanto avviene.

Un abbraccio

Michele Santoro

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Se il Pd sceglie Schifani

Se il Pd sceglie Schifani: "

È sbagliato paragonare agli “squadristi” i cittadini che hanno rumorosamente contestato la presenza di Renato Schifani alla festa del PD. Ieri a Torino, chi ha tentato di partecipare al dibattito pubblico tra il presidente del Senato e Piero Fassino, senza però poterlo fare a causa del servizio d’ordine, era infatti spinto non solo da una perfettamente legittima e democratica indignazione. A convincerlo alla protesta c’era pure un altro desiderio. Porre delle domande e avere delle spiegazioni. Ottenere dei chiarimenti sul passato della seconda carica dello Stato e sul tipo di attività professionale da lui svolta in favore di personaggi legati a Cosa Nostra.

Nell’ultimo anno, del resto, sebbene sul conto di Schifani siano emersi interrogativi di ogni tipo, nessuno in Parlamento ha detto una parola. Il Fatto Quotidiano, assieme a pochi altri, con un duro lavoro d’inchiesta ha ricostruito parte della sua carriera di avvocato civilista e di affari. Ha fornito un primo elenco dei sui assistiti, i cui nomi erano fin qui rimasti segreti. E ha avanzato un quesito squisitamente politico: per il buon nome delle istituzioni è un bene o un male avere alla testa di Palazzo Madama un uomo che oggi si scopre aver fornito consulenze all’imprenditoria considerata mafiosa? È ovvio che gli eventuali aspetti penali della vita di Schifani siano di competenza della magistratura. In Parlamento non si può e non si deve discutere delle dichiarazioni, ancora da verificare, dei pentiti (Spatuzza e Campanella). Si può, e si deve, invece, discutere di fatti.

In ogni democrazia che si rispetti il primo potere di controllo su ciò che accade nelle istituzioni e sul loro decoro non è né dei giornali, né dei giudici, ma delle opposizioni. Il Partito Democratico sul caso Schifani (e su molti altri), però non lo ha esercitato. E continua a non esercitarlo. Invitare alla propria festa il presidente del Senato, senza prima avergli domandato di chiarire tutto, magari rendendo nota la lista completa della sua discutibile clientela e dell’attività di consulenza legale e paralegale svolta per essa, vuol dire non capire ciò che chiedono gli elettori. E soprattutto vuol dire venir meno a un proprio dovere. Perché i cittadini leggono, s’informano sul Web, e domandano di essere rappresentati. Non farlo, per la democrazia, è molto più grave di qualche fischio e urlo indirizzato, non verso un avversario politico, ma contro chi ostinatamente siede ai vertici delle istituzioni rifiutando la trasparenza.


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Italia: ragazzi, mi si sono ristretti gli 800 milioni

Italia: ragazzi, mi si sono ristretti gli 800 milioni: "Banda larga a secco, i fondi evaporano: solo 100 milioni, a malapena buoni per i distretti industriali e da suddividere su base regionale

L’incoerenza di Brunetta

L’incoerenza di Brunetta: "

Il 3 settembre scorso il ministro per la Funzione pubblica e l’innovazione Renato Brunetta ha preso carta e penna – in senso reale e non figurato – ed attraverso una Circolare, ha chiarito a tutte le pubbliche amministrazioni che le domande di concorso presentate a mezzo posta elettronica certificata [n.d.r. la famosa PEC] anziché a mano o raccomandata a/r così come previsto dalla vigente disciplina devono considerarsi valide ed efficaci senza bisogno di alcun ulteriore intervento normativo o regolamentare.

Con la stessa Circolare, il ministro Brunetta chiarisce altresì che ai fini della validità della domanda di partecipazione al concorso non è necessario che la stessa sia firmata digitalmente dal candidato essendo sufficiente l’identificazione da parte di quest’ultimo attraverso l’utilizzo delle credenziali relative al proprio indirizzo di posta elettronica certificata.

La Circolare si inserisce, come ricorda lo stesso Brunetta, nel significativo impegno che “è stato profuso ed è tuttora profuso da questo Ministero per rendere la posta elettronica certificata lo strumento principale di comunicazione tra amministrazioni e nei rapporti con i cittadini”.

Sul contenuto della Circolare ci sarebbe molto da dire.

Si potrebbe, ad esempio, provare a spiegare al ministro che in un Paese come il nostro in cui oltre il 50% dei cittadini non ha accesso ad adeguate risorse di connettività e/o è privo di adeguata alfabetizzazione informatica, la filosofia del “pane e PEC per tutti” rischia di acuire il digital divide, premiando i fortunati e rendendo ancora più sfortunati gli sfortunati che, da domani – a differenza dei più fortunati – per partecipare ad un concorso pubblico dovranno uscire da casa e, soprattutto, disporranno di un termine di fatto più breve, dovendosi recare fisicamente in un ufficio postale o presso l’amministrazione che ha bandito il concorso.

Egualmente si potrebbe, pure, provare a spiegare al ministro – che sul punto ha, tuttavia, l’alibi di una normativa scritta davvero male – inviare una domanda a mezzo PEC non può e non deve essere equiparato a firmare digitalmente quella domanda perché, da sempre, spedire a mezzo raccomandata a/r e una cosa e firmare un documento è una cosa completamente diversa e non c’è alcuna valida ragione per sovvertire, nel dominio dei bit, l’ordine naturale delle cose.

Ma, qui, meno prosaicamente e, forse, con una punta di ironia all’agrodolce in più, è un altro l’aspetto dell’ultima iniziativa del meno fannullone tra i non fannulloni da evidenziare: la Circolare è, infatti, uno straordinario capolavoro di incoerenza perché è stata trasmessa a decine e decine di amministrazioni pubbliche su supporto cartaceo, sottoscritta in nero con un meraviglioso autografo ministeriale e, come se non bastasse, siglata, pagina per pagina, in blu, dallo stesso ministro dell’innovazione.

Una volta avvedutisi degli scarabocchi ministeriali sul foglio di carta intestata “Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della funzione Pubblica”, la lettura della premessa della Circolare risulta tragicomica.

Scrive il ministro Brunetta:

“Il contesto normativo si è da tempo evoluto in coerenza con l’obiettivo illustrato [n.d.r. quello di rendere la PEC il principale strumento di comunicazione tra le amministrazioni]…si tratta ora di darvi piena attuazione con misure rapide e continue di adeguamento dei sistemi di comunicazione sia sotto l’aspetto delle infrastrutture, sia sotto l’aspetto delle procedure amministrative con soluzioni che prevedano, ove necessario anche una revisione delle prassi seguite [n.d.r. come ad esempio firmare e siglare in blu una circolare ed inviarla per posta alle amministrazioni destinatarie!!] ed un aggiornamento della modlistica e delle formule standard utilizzate nei provvedimenti [n.d.r. forse sarebbe il caso di cominciare proprio dai provvedimenti del ministro dell'Innovazione]“.

Ed ecco come chiosa Brunetta:

“Il percorso è da tempo avviato e ritardarne l’evoluzione non può che arrecare svantaggi alla comunicazione tra le amministrazioni, a quella con i cittadini, all’esigenza di contenere i costi dell’apparato pubblico” [n.d.r.: sacrosanto, solo, forse, si potrebbe cominciare con il dare il buon esempio].

Sembra di sentirlo il ministro in piedi sulla sua poltrona:”Italiani, dite addio alla carta ed alle firme…firmato [in nero] e siglato [in blu] Renato Brunetta, ministro dell’Innovazione!”.

www.guidoscorza.it

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Le televisioni di Silvio Berlusconi oscurano i finiani dai telegiornali

Le televisioni di Silvio Berlusconi oscurano i finiani dai telegiornali: "

Futuro e Libertà esiste nella politica italiana. Molto meno per i telegiornali di Mediaset. Il monitoraggio sul pluralismo politico e istituzionale prodotto mensilmente dall’Agcom, l’autorità Garante delle Comunicazioni, lascia spazio a pochi dubbi. Secondo il documento nel mese di agosto, il primo in cui la rilevazione ha tenuto conto del gruppo dei finiani, i telegiornali Mediaset hanno concesso complessivamente il 3% del loro tempo alla copertura giornalistica di Fli: 28 minuti su oltre 14 ore di servizi politici. Ma se il “tempo d’antenna”, che include sia le dichiarazioni che le notizie, è così basso, non va meglio con il tempo di parola. In un mese di telegiornali su tre reti, a cui si aggiungono anche i flash di TgCom, gli esponenti finiani hanno potuto parlare per 2 minuti e 25 secondi, circa l’1% di tutte le dichiarazioni rilasciate dai politici nello stesso arco di tempo. Persino La Destra, un partito senza deputati e senatori, ha totalizzato più dichiarazioni dei parlamentari vicini a Gianfranco Fini.

Chi crede che sia il Tg4 di Emilio Fede a schiacciare verso il basso questo numero si sbaglia di grosso. La testata che più di altre ha imbavagliato i finiani o non gli ha concesso spazi è infatti l’ammiraglia Tg5. Il telegiornale diretto da Clemente Mimun, il più visto in Italia, in oltre 7 ore e mezza di programmazione ha dedicato circa 10 minuti a Futuro e Libertà, ovvero il 2,37% del tempo riservato alle notizie politiche. Per fare un confronto basti pensare che al Pdl sono toccate più di 2 ore e quasi un’ora è stata concessa alla Lega Nord. Il Partito Democratico e l’Italia dei Valori si sono dovuti accontentare insieme di circa mezz’ora.

Il record delle reti Mediaset è capace di fare impallidire persino il Tg1 di Augusto Minzolini che ha concesso il 9% del suo tempo a Futuro e Libertà e il 4% delle dichiarazioni politiche complessive. Entrambi i valori, per quanto più alti rispetto alle reti Mediaset, finiscono per essere tuttavia abbondantemente inferiori alla media delle reti Rai che nel loro complesso (e tenendo conto anche di RaiNews24) hanno garantito l’11% del loro tempo per la politica ai finiani e circa il 10% delle dichiarazioni.

Senza troppe sorprese pare insomma che ai “futuristi” sia stato riservato un trattamento simile a quello annunciato a Marco Follini nell’estate del 2004. Il senatore del Partito Democratico, all’epoca segretario dell’Udc e vicepresidente del Consiglio nel secondo governo Berlusconi, venne infatti minacciato di ritorsioni televisive dallo stesso Berlusconi per aver messo in dubbio la sua figura di leader del centro destra. Il caso esplode l’11 luglio 2004. Ecco come lo riportarono alcuni quotidiani dell’indomani. Berlusconi: “Mi hai rotto i coglioni… Parliamo della par condicio: se non abbiamo vinto le elezioni, caro Follini, è colpa tua che non l’hai voluta abolire”. Follini: “Io trasecolo. Credevo che dovessimo parlare dei problemi della maggioranza e del governo”. Berlusconi: “Non far finta di non capire, la par condicio è fondamentale. Capisco che tu non te ne renda conto, visto che sei già molto presente sulle reti Rai e Mediaset”. Follini: ”Sulle reti Mediaset ho avuto 42 secondi in un mese”. Berlusconi: “Non dire sciocchezze, la verità è che su Mediaset nessuno ti attacca mai”. Follini: “Ci mancherebbe pure che mi attacchino”. Berlusconi: “Se continui così, te ne accorgerai. Vedrai come ti tratteranno le mie tv”. Follini: “Voglio che sia chiaro a tutti che sono stato minacciato”. In quell’occasione a mediare tra i due contendenti ci pensarono Gianni Letta e Gianfranco Fini. Sei anni dopo il presidente della Camera è diventato la vittima di quella vecchia minaccia.

di Manfredi Barca

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venerdì 17 settembre 2010

Navigando con IE 9

Navigando con IE 9: "Lo storico browser Microsoft vuole mostrarsi in forma smagliante con motore nuovo, look minimalista e supporto agli standard del futuro. Ma taglia fuori XP

giovedì 16 settembre 2010

Quella raffica di mitragliatrice sparata da una motovedetta regalata da Berlusconi alla Libia contro un peschereccio italiano. Nota di Stefano de Luca segretario del PLI

Quella raffica di mitragliatrice sparata da una motovedetta regalata da Berlusconi alla Libia contro un peschereccio italiano. Nota di Stefano de Luca segretario del PLI: "

Una raffica di mitra sparata da una motovedetta regalata alla Libia dall’Italia ha colpito ad altezza d’uomo un peschereccio di Mazara del Vallo. I nostri pescatori sono riusciti a fuggire ed hanno miracolosamente salvato la vita. Pare anche che sulla motovedetta libica vi fossero dei finanzieri italiani. Il gravissimo episodio ci ha turbato, ma siamo stati subito rassicurati dal Ministro degli Esteri che esso non avrà conseguenze nei rapporti bilaterali tra i due Paesi.

Questo vuol dire che il barbarico dittatore libico potrà tornare a montare la sua tenda a Roma per ripetere i suoi mignottocratici corsi di Corano e proseguire ad insultarci impunemente, ricevendo in cambio aiuti e visibilità internazionale. Gheddafi, d’altronde, prosegue lungo una linea di perfetta coerenza: per lungo tempo ha consentito che le nostre coste siciliane venissero invase da disperati, ottenendo denaro e motovedette in cambio della promessa di un doveroso, maggiore controllo dei propri confini. La Lega, che in sede di Governo avallava tale linea, tuonava contro gli immigrati, che invece erano l’anello più debole della perversa catena.

Dopo avergli mandato per celebrare l’anniversario della sua rivoluzione, direi meglio del suo golpe, la pattuglia acrobatica dell’aeronautica, subendo la prepotenza di impedire le scie tricolori, al nostro ineffabile Presidente del Consiglio non rimane che regalare al suo sodale libico alcuni razzi di medio raggio con l’assistenza di qualche puntatore specializzato della Marina. Così Gheddafi potrà decidere di estendere ulteriormente le proprie acque territoriali fino alle coste della Sicilia, sentendosi quindi autorizzato a scagliare i missili ricevuti dal nostro governo, contro la nostra isola. Bossi ed i suoi potranno gridare forza Libia. Il Ministro Frattini confermerà che la politica estera italiana nei confronti del brutale regime nordafricano non muta di una virgola.

Stefano de Luca

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Ed Egli asciugherà ogni lacrima

Ed Egli asciugherà ogni lacrima: "

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Dice la Gelmini che bisogna tornare a leggere la Bibbia nelle aule. Ha perfettamente ragione: visto lo stato in cui si trova la scuola italiana, non resta che rivolgere una prece al Signore.

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Ma vi pare che ...

...l'Antitrust (che è una cosa seria, o almeno lo dovrebbe essere) perda tempo con queste cose?

http://www.repubblica.it/spettacoli-e-cultura/2010/09/16/news/antitrust_ultimatum_a_rai_e_mediaset_escludere_i_call_center_dal_televoto-7132754/

Antitrust, ultimatum a Rai e Mediaset: "Escludere i call center dal televoto"
La decisione arriva dopo che i consumatori avevano segnalato telefonate fatte da operatori specializzati del settore per il Festival di Sanremo e il Grande Fratello

Il Concorsone della Regione Sicilia

http://www.ilgiornale.it/interni/la_sicilia_assume_basta_saper_spostare_foglio/16-09-2010/articolo-id=473645-page=0-comments=1

Sai fare una fotocopia? Bene. Sai farla, addirittura, fronte-retro? Ancora meglio. Oltre quattromila persone in servizio permanente effettivo da precari, da dieci, da quindici o, in molti casi da vent’anni, alla Regione Sicilia, attendono solo di essere messi alla prova. A dura prova. La prova della fotocopia, appunto, per conquistare, finalmente, il posto fisso.
...
Ma entriamo nei particolari indicati nel programma d’esame. Rischiando il tutto per tutto gli aspiranti al posto fisso in categoria A dovranno superare, oltre al test della fotocopia (come si indica testualmente: «fare una fotocopia, ove possibile fronte-retro»), anche la non meno difficoltosa prova dell’ «apporre la data su un documento utilizzando il datario». Quindi si giocheranno la loro credibilità, dimostrando di saper «predisporre una busta, mettere un indirizzo e il timbro del mittente». Stremati per questo ulteriore ostacolo ecco che, subito dopo, i precari in attesa di giudizio, o meglio del posto fisso tanto agognato (e che cosa c’è di meglio, riconosciamolo di un posto fisso alla Regione autonoma Sicilia?) si dovranno impegnare allo spasimo per superare l'ultimo, decisivo scoglio: spedire un fax. Se vogliamo essere proprio precisi, nella tabella dei test si usa l'espressione: «fare un fax», il che può far presupporre che il fax, non solo venga spedito, ma anche compilato a cura del candidato, ma non vorremmo mettere un pulce nell’orecchio agli esaminatori e complicare con questa nostra considerazione, la vita ai candidati.

martedì 14 settembre 2010

Maroni: "Motopeschereccio, la Libia si è scusata" - Repubblica.it

Maroni: "Motopeschereccio, la Libia si è scusata" - Repubblica.it

Il ministro degli Interni sul peschereccio mitragliato. "Non doveva accadere. Penso che lo abbiano scambiato per una nave con clandestini, con l'inchiesta verificheremo cos'è successo"

Il divino Otelma e i giovani del Pdl

Il divino Otelma e i giovani del Pdl: "

Clicca qui per vedere il video incorporato.

Che il PDL sia arrivato alla frutta, o meglio alle bucce della frutta, è una verità consolidata ed incontrovertibile. Il requiem solenne alla dipartita del clan dell’amore, così come preconizzato da Fini, è stato inferto da Giorgia Meloni, Ministro della Gioventù e Presidente della Giovane Italia, già celebre per alcune sue sconcertanti affermazioni (una su tutte, la gemma pronunciata durante il congresso di fondazione del PDL, il 28 marzo 2009: ”e la dizione Pdl “può e deve significare anche Popolo della Legalità, perchè noi siamo tutti figli di Paolo Borsellino“).

I fatti: con una sontuosa lettera guarnita con lusinghe e salamelecchi, Giorgia Meloni ha invitato a presiedere alla festa di Atreju dei giovani apostoli del PDL un autorevole indovino. In mancanza della Sibilla Cumana e di Nostradamus, la “coccola” di Silvio ha scomodato nientepopodimeno che il mago “di vino” Otelma. E non per una sola giornata, ma per ben tre giorni del Funeral Party di Atreju.

La bislacca sortita della Meloni è discussa durante “La Zanzara” di Cruciani, che è costretto ad arbitrare un truculento match dialettico tra Otelma e il giornalista David Parenzo. Il risultato è una delle gag più spassose mai ascoltate nell’etere: la vis comica deadpan e nonsense di Otelma lotta eroicamente sul ring contro le urlate di Parenzo, pericolosamente in bilico tra lo sdegno e la disperazione. Alla fine, l’afflato demenzial-medianico dell’indovino e delle sue multiple identità (donde l’onnipresente “nos pluralis maiestatis”) vince su tutto: lo spettacolo da lui offerto è a suo modo terribilmente affascinante ed istruttivo, perchè, nella sua comicità dislocante, è rappresentativo dell’epoca, è uno specchio veritiero dei rantoli angoscianti del PDL.

A piè post, è riportata la gentile epistola mandata da Giorgia Meloni a Marco Amleto Belelli (al secolo “Otelma”, nome risultante dalla simpatica inversione della parola “Amleto”).

La realtà, come direbbe Oscar Wilde, ha superato ogni fantasia. E per dirla come il mago Oronzo: Zorroastro, Zarratustra, Zammorrano… intercedi per il PDL.

Alla cortese attenzione del Divino Mago Otelma

Gentile Mago Otelma,
dal 8 al 12 settembre p.v. si svolgerà a Roma la dodicesima edizione di Atreju, festa nazionale della Giovane Italia, organizzazione giovanile del Popolo della Libertà.
La manifestazione è, come da tradizione, ricavata all’interno del Parco del Celio, all’ombra del Colosseo ed è suddivisa in zone diverse destinate ad ospitare le conferenze, gli spettacoli serali, i ristoranti, gli stand culturali, politici e sociali, la piscina.
Scegliemmo Atreju, il protagonista de ” La Storia Infinita” di Michael Ende, per incarnare l’esempio di un giovane impegnato nel confronto quotidiano contro le forze del Nulla, contro un nemico che logora la fantasia della gioventù, ne consuma le energie, la spoglia di valori ed ideali, sino ad appiattirne l’esistenza.

Nata nel 1997, credo di poter dire che la Festa , divenuta nel corso degli anni la più importante manifestazione giovanile d’Italia, è ormai anche l’appuntamento di fine estate che apre di fatto la stagione politica nazionale, un’occasione preziosa per dibattere serenamente, per interagire con la società e con le giovani generazioni. Anche quest’anno ci sarà il Presidente del Consiglio, on. Silvio Berlusconi, tra i partecipanti ad Atreju. Innumerevoli i grandi esponenti politici, della cultura e dello spettacolo provenienti da tutto il mondo che hanno preso parte all’evento. Ingiusto sarebbe citarne alcuni e non altri. Piuttosto, mi piace ricordare che all’interno della Festa non hanno mai campeggiato simboli di partito, né tanto meno discriminazioni o preclusioni di sorta. Insomma, come recitava uno slogan ben riuscito: Atreju è una festa di parte, non di partito.

Uno degli elementi che ha decretato il successo della manifestazione è stato anche il tono scherzoso e provocatorio che ha spesso accompagnato le riflessioni più profonde sviluppate durante i dibattiti.
Come da accordi intercorsi, Le confermo che sarebbe per noi un piacere ospitarLa in un’area appositamente dedicata del Villaggio, per incontrare alcuni tra gli ospiti principali di questa edizione e offrire loro una previsione circa gli eventi che si determineranno nel corso della prossima stagione politica.
In particolare, vorremmo che Lei fosse presente ad Atreju nei giorni di giovedì 9 settembre dalle 17 alle 19 e 30, venerdì 10 dalle 15.30 alle 17.30 e sabato 11 dalle 17.00 alle 19.00. Avrà così modo di poter leggere il futuro a tanti illustri ospiti come: Maurizio Sacconi, Pietro Ichino, Renata Polverini , Enrico Letta, Maurizio Gasparri, Roberto Maroni, Rosy Bindi, Giulio Tremonti, Angelino Alfano, Mariastella Gelmini, Giuseppe Fioroni, Pierluigi Battista, Stefano Zecchi, Nichi Vendola, Stefania Prestigiacomo, Gianni Alemanno, Raffaele Fitto, Enrico La Loggia , Filippo Penati, Pasquale Viespoli ed altri.

La copertura mediatica di Atreju sarà, come sempre, molto imponente anche grazie alla presenza di una sala stampa allestita in loco. E quindi: tv, radio, giornali di ogni tipo, anche internazionali.

Come tradizione di Atreju, non sono purtroppo previsti gettoni di presenza, ma resta inteso che tutte le spese di trasferimento, alloggio e vitto (solo all’interno del Villaggio), sono interamente a carico dell’organizzazione.

Nella speranza di incontrarci ad Atreju 2010, sia io personalmente che tutti i miei collaboratori restiamo a completa disposizione per ogni eventuale chiarimento e per ogni richiesta di natura organizzativa dovesse pervenire da parte Sua.

Con amicizia.

Giorgia Meloni
Ministro della Gioventù
Presidente Nazionale della Giovane Italia

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Da Roma fino a Bruxelles, l’esercito rosa delle “Papi girl” conquista la politica italiana

Da Roma fino a Bruxelles, l’esercito rosa delle “Papi girl” conquista la politica italiana: "

“Non escludo che con questa legge elettorale qualche senatrice o deputata si sia prostituita per il seggio”: le parole di Angela Napoli – la coraggiosa parlamentare che da anni denuncia gli affari e le collusioni della ‘ndrangheta, – hanno fatto gridare allo scandalo il Popolo delle Libertà. Le parlamentari del Pdl sono insorte, hanno minacciato di querelare la deputata finiana, che alla fine è stata costretta a chiedere scusa. Peccato, perché sarebbe davvero un bel vedere ascoltare una ad una, in un aula di Tribunale, le deposizioni giurate di alcune sue “colleghe”.

A chi si riferisse la Napoli non è comunque dato saperlo. Ma il fattoquotidiano.it vi propone qui di seguito un elenco (che sarà continuamente aggiornato) delle amiche del Cavaliere, premiate in questi anni con un seggio a Montecitorio, all’Europarlamento o negli enti locali. Accanto ai nomi troverete le loro storie e la loro attività politica.

Licia Ronzulli

Ha smentito di essere la fisioterapista personale di Berlusconi e di aver partecipato alla scuola di Brunetta & Co. Ha smentito pure di essere una delle ragazze fotografate a prendere il sole sullo yacht di Berlusconi nell’estate 2008, in quegli scatti pubblicati in esclusiva da L’espresso. Poi, però, dopo le dichiarazioni di una testimone di eccezione, Licia Ronzulli ha dovuto ammettere di essere una frequentatrice di Villa Certosa. Era stata Barbara Montereale, la escort che ha accompagnato Patrizia D’Addario agli incontri con il Premier, a tirarla in ballo. “È lei che organizza la logistica dei viaggi delle ragazze. Che decide chi arriva e chi parte. E smista nelle varie stanze” (Repubblica, 20 giugno 2009 – Paolo Berizzi e Gabriella De Matteis). Così, all’eurodeputata non è rimasto altro che metterci un toppa: “In occasione di vacanze, sono stata ospite a Villa Certosa con mio marito e ho avuto modo di collaborare con il presidente Silvio Berlusconi nell’accoglienza degli invitati: politici, imprenditori, amici”. “Quel giorno il marito non c’era. Però so chi è. Dopo averci fatto vedere il video della festa di Capodanno, con il presidente e tutte le ragazze vestite da Babbo Nataline, sul maxi schermo trasmisero anche il matrimonio della Ronzulli…” replicò a stretto giro la Montereale (Repubblica Bari, 26 settembre 2009 – Gabriella De Matteis e Giuliano Foschini).

Candidata senza successo alle politiche 2008 nelle Marche, la caposala dell’ospedale Galeazzi di Milano che il Premier e i suoi house organ presentano come una top manager della sanità meneghina, è stata nel 2009 una delle tre superstiti all’ira funesta di Veronica Lario che, con le sue dichiarazioni, aveva stroncato sul nascere decine di candidature. Con quasi 40 mila preferenze è stata eletta a Strasburgo, mentre suo marito, Renato Cerioli, sposato nell’estate 2008 con Berlusconi a fare da testimone, pochi giorni dopo veniva designato alla Presidenza di Assindustria Monza e Brianza.

Per BerlusconiLicia Ronzulli è la nostra deputata ideale, una personalità come la sua nel Parlamento europeo ci sarebbe utilissima” (intervento telefonico alla cena elettorale per presentare la candidatura della Ronzulli, Il Giornale, 27 maggio 2009). Lei, risponde coi fatti: “Nessuno potrà mai impedirci di fare colazione con pane e Nutella, come stiamo leggendo sulle cronache di questi giorni. Il solo rischio che corrono la Nutella e gli altri prodotti dolciari sarà legato alla pubblicità. In futuro potremmo non vedere più il cuoco della Nazionale raccontarci che i nostri atleti fanno una sana ed equilibrata colazione a base di Nutella. Nonostante ciò, noi potremmo continuare a preparare la colazione ai nostri bambini, controllandone la quantità ed evitandone gli eccessi” (Panorama, 25 giugno 2010).

Nel 2010 ha preso la parola 7 volte in aula, l’ultima volta lo scorso 7 luglio durante il dibattito su “nuovi prodotti alimentari”: “Signor Presidente, onorevoli colleghi, chiedo semplicemente di verificare elettronicamente l’emendamento 5″. In compenso, appena può segue il suo Presidente ovunque. Persino all’ultimo incontro con Confindustria a Parma, durante il pranzo con la Marcegaglia, oltre allo staff ristretto del Premier c’era anche lei. Sempre pronta a prenderne le parti: Ma un difetto ce lo avrà? “Sì: non sbaglia mai. Con me non ha certo sbagliato” (Repubblica, 10 giugno 2009).

Barbara Matera

Nella sua biografia on line scrive “Nel 2008 rinuncia alla candidatura, in posizione utile, alla Camera dei Deputati nelle Liste elettorali del Popolo della Libertà, così da terminare gli studi universitari”. Ma dopo due anni la laurea non è ancora arrivata. A far saltare la sua candidatura, in realtà, fu la scelta del Premier di puntare su un’altra giovane promettente, Elvira Savino. Non importa: Barbara si prenderà la sua rivincita nel 2009, e con gli interessi. Candidata nonostante tutto, nonostante Veronica e il “ciarpame senza pudore”, stavolta con tutto il partito schierato per lei nella circoscrizione sud dove ha raccolto 130 mila voti. Da letteronza per la Gialappa’s Band e valletta di Mengacci (che, giustamente, rivendica un ruolo da selezionatore della classe dirigente nel Partito del Premier, “Con Carfagna e Matera sono io il vero talent scout del Pdl” dice) a vicepresidente della Commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere del Parlamento Europeo, dopo la parentesi da annunciatrice Rai insieme a Virginia San Just, altra prediletta del Sultano.

Fu uno dei tre nomi su cui Berlusconi si impuntò, “Barbara Matera sarà la nuova Carfagna“. Un’investitura e un investimento, di risorse e di uomini per far crescere un nuovo “cavallo di razza”. Così, nel suo primo anno a Strasburgo la Matera si è distinta per il suo iperattivismo: interviene su tutto, con puntualità. L’ultimo intervento in aula è dello scorso 7 luglio, nel corso del dibattito sulle emissioni industriali: “Signor Presidente, onorevoli colleghi, l’approccio integrato dell’Unione europea al problema dell’inquinamento ci permette di essere istituzionalmente sempre più presenti e concreti nel controllo delle emissioni industriali”. Non male per una che nella sua prima uscita, all’Alfonso Signorini Show in onda su Radiomontecarlo, steccò più di un congiuntivo.

Elvira Savino

Il giorno dell’insediamento si presentò a Montecitorio con ai piedi due sandali Gucci tacco 14: difficile passare inosservata. Da quel giorno, Elvira Savino, deputata di Conversano a Bari, è per tutti la “Topolona”, soprannome affibbiatole da Dagospia. Arrivava in parlamento dopo un’esperienza all’ufficio stampa e comunicazione dell’Udc, e una collaborazione con la rivista Formiche. Ma, soprattutto, per lo stretto rapporto che aveva cementato con Silvio Berlusconi, grazie all’amica con cui divideva l’appartamento romano, Sabina Began, l’Ape regina dell’Harem di Silvio. Berlusconi le ha fatto da testimone di nozze, nel settembre 2008 nella chiesa di San Lorenzo in Lucina a Roma, per il suo matrimonio con il napoletano Ivan Campili. C’era pure Gianpaolo Tarantini, l’imprenditore barese che introdurrà donne a Palazzo Grazioli e Villa Certosa, amico della sposa. Ed è lì che Berlusconi conoscerà pure Carolina Marconi, l’ex gieffina tra le frequentatrici delle feste del Premier. Tutto, insomma, ruota intorno alla Topolona. Pure gli affari della criminalità barese, tanto da trascinare la parlamentare in una brutta storia di mafia e appalti. Da allora, era il 3 dicembre dello scorso anno, la Topolona è scomparsa dalla circolazione.

Gabriella Giammanco

Deputata palermitana, Gabriella Giammanco è giornalista professionista: prima inviata per una trasmissione di costume su un’emittente siciliana, poi è entrata nella redazione del Tg4 di Emilio Fede. Quando viene candidata nella circoscrizione Sicilia per la Camera dei Deputati nelle elezioni politiche del 2008, l’Ansa parla di un colpo di scena: “Confermato l’inserimento a sorpresa della giovane giornalista del Tg4 Gabriella Giammanco, originaria di Palermo, il cui nome sarebbe stato caldeggiato personalmente da Berlusconi”. Così, la nipote di Michelangelo Alfano, definitivamente condannato come boss di Bagheria legato a Bernardo Provenzano, è balzata agli onori della cronaca. Ma l’Italia si accorgerà di lei solo per il pizzino sdolcinato di Berlusconi destinata a lei e alla collega Nunzia De Girolamo durante un dibattito alla Camera: “Gabri, Nunzia, state molto bene insieme! Grazie per restare qui, ma non è necessario. Se avete qualche invito galante per colazione, Vi autorizzo (sottolineato) ad andarvene! Molti baci. Il Vostro Presidente”. La risposta: “Caro…(dolce presidente?) gli inviti galanti li accettiamo solo da lei”.

Sempre presente in aula (solo il 10 per cento le assenze alle votazioni elettroniche, ndr), il suo impegno è diviso tra la difesa degli animali (“Grazie al mio intervento, e alla collaborazione dell’onorevole Carlucci, sono state introdotte agevolazioni fiscali a favore dei circhi senza animali”) e l’esaltazione del capo: “Berlusconi, ancora una volta, ha saputo mettersi in gioco dimostrando di amare profondamente il suo Paese. Prestando la sua voce allo spot del Ministero per il Turismo si è impegnato in prima persona a sostenere il capitale storico, culturale e paesaggistico dell’Italia. Chi meglio del Presidente del Consiglio può sponsorizzare il nostro straordinario Paese?”. Infatti, i primi dati ufficiali parlano di un crollo della presenza di turisti stranieri per l’estate che va concludendo. Ultimamente l’onorevole Giammanco si fa spesso vedere in giro con il direttore del Tg1, Augusto Minzolini.

Nunzia De Girolamo

Galeotta fu la “pigotta”. Nunzia De Girolamo, 35 anni a ottobre, avvocato coordinatrice di Forza Italia per la città di Benevento, incontrò Silvio Berlusconi al termine di un comizio nel 2007. Erano gli anni in cui i pretoriani campani del Cesare di Arcore facevano a gara per presentare giovani e procaci militanti al capo. A quell’incontro Nunzia arrivò con una di quelle bambole di pezza che l’Unicef utilizza per raccogliere fondi: “Questa è per Lei, si chiama Libertà”, disse porgendola al Capo. Un anno dopo, con la caduta del Governo Prodi, era seduta accanto a Gabriella Giammanco tra i banchi della Camera dei Deputati. Fu subito ribattezzata la “Carfagna del Sannio”.

Nelle ultime settimane il nome della De Girolamo è stato il più gettonato come sostituta alla guida del partito campano di Nicola Cosentino. C’era anche lei – insieme a Verdini, Cicchitto, Gasparri, Quagliariello e La Russa – al vertice di Palazzo Chigi che ha portato alle dimissioni da sottosegretario di Nick ‘O mericano. “Anch’io ho sentito questa notizia – si è schermita al termine dell’incontro la Carfagna del Sannio- ma oggi Berlusconi ha all’ordine del giorno questioni di governo e non di partito”. E intanto si fa promotrice di un progetto autonomista della sua provincia, il Molisannio.

Francesca Pascale

Napoletana di Fuorigrotta, 25 anni lo scorso 15 luglio: Francesca Pascale ne aveva 21 quando conobbe Silvio Berlusconi, durante una cena con gli europarlamentari azzurri. Era il 2006 e Francesca, insieme con Emanuela Romano aveva da poco dato vita a Napoli al comitato “Silvio ci manchi”. Fino a pochi giorni prima, aveva fatto la “velina” su un’emittente locale, “TeleCafone”. Poi, prese il volo. Nel vero senso della parola: a novembre 2006, sale con le sue avvenenti compagne (oltre alla Romano c’era Virna Bello, ndr) sull’aereo privato del Premier che le porta a Villa Certosa. Di aereo in aereo: il 13 luglio 2007, al termine di una manifestazione di Forza Italia a piazza del Plebiscito, la Pascale torna sullo stesso aereo per una cenetta riservatissima sulla pista di Capodichino. Con lei, oltre alla Romano e alla Bello, quella volta c’erano pure le gemelle De Vivo (più volte, poi, avvistate ai summit napoletani del Premier sulla munnezza, ndr). Di lì a poco la Pascale sarà chiamata a Roma, prima come collaboratrice all’ufficio stampa di Forza Italia a stretto contatto col Capo, poi nello staff del sottosegretario ai Beni culturali, Francesco Giro. Diventa la pupilla del Presidente. Lei capisce e passa all’incasso. Così, proprio mentre scoppiava il “caso Noemi”, arriva la candidatura blindata alla Provincia di Napoli. Per lei si mobilita tutto il partito. A gestire la macchina elettorale sarà il coordinatore cittadino degli azzurri, Maurizio Iapicca. Una campagna elettorale costosa, quella della Pascale, che per un mese e mezzo ha avuto il suo quartier generale proprio all’Hotel Vesuvio, alloggio incluso. Era lì anche la sera della festa di Noemi a Casoria ad attendere il Premier fino a notte inoltrata solo per mostrargli “le bozze dei manifesti elettorali”.

Alla fine verrà eletta consigliera provinciale con quasi 7.500 voti di preferenza, un terzo di quelli espressi dagli elettori nel suo collegio. Tre anni prima, alle Comunali, ne aveva raccolto appena 83 nella stessa zona della città. Un plebiscito che non le varrà l’agognata poltrona di assessore. Nemmeno con l’ultimo rimpasto, che pure la vedeva in pole-position: “Non me lo aspettavo, ma alcuni colleghi hanno proposto davvero il mio nome come assessore al Turismo, il documento sarà presentato a breve, sono felicissima”. Alla fine, però, le è stata preferita la “meteorina” Del Giudice e Francesca l’ha presa proprio male. La notizia, l’ha raggiunta ad Antigua, dove era stata invitata, insieme con la deputata Maria Rosaria Rossi e l’architetto Garamondi, nella tenuta del Premier. Una vacanza programmata in coda al G20 in Brasile, alla quale Berlusconi ha dovuto rinunciare dopo che è iniziata a circolare la notizia.

Emanuela Romano

La sua storia si intreccia con quella di Francesca Pascale: insieme fondano il comitato “Silvio ci manchi”; insieme frequentano Palazzo Grazioli e Villa Certosa, cene pubbliche o riservatissime a bordo pista. Laureata in Psicologia, master in marketing e comunicazione in Publitalia ‘80, Berlusconi stravede da subito per lei: la vuole prima deputato, poi europarlamentare. Agli inizi del 2008, ai genitori della ragazza in visita a Palazzo Grazioli, Berlusconi dice “mi date l’onore di fare di vostra figlia un deputato della Repubblica?”. E la fa accomodare al suo posto dietro la scrivania di Palazzo Grazioli. Una scena da “mille e una notte” ma il finale è amaro: la candidatura naufraga miseramente. Sarà così anche nel 2009 per il Parlamento Europeo, dopo essersi dovuta sorbire la scuola di partito con Denis Verdini e Renato Brunetta. Papà Cesare, artigiano dei presepi, per protesta tenterà di darsi fuoco proprio davanti alla residenza romana del Premier. Toccherà a Nicola Cosentino trovare a Emanuela una sistemazione. L’ex sottosegretario, propone la ragazza a diversi imprenditori campani ma le proposte sono per lei “irricevibili”: sognava uno scranno in Parlamento, le offrono una comoda poltroncina da segretaria d’azienda. A marzo 2010, per la Romano arriva la candidatura alle regionali, con la promessa di un posto nella giunta del Presidente Caldoro. Il claim della sua campagna elettorale sembra più un avvertimento al suo Pigmalione che agli elettori: “Mo’ basta! Arap l’uocchie”. Contrariamente a quanto era stato per la Pascale, però, il partito al suo fianco non c’è ed Emanuela sarà la meno votata in assoluto del Pdl. Poco male: un mese dopo sarà nominata assessore al Comune di Castellammare di Stabia, la ex Leningrado del Sud appena espugnata dal centrodestra. Deleghe pesanti per lei, lavoro e politiche sociali in una delle aree del Paese più colpite sul fronte occupazionale: “Sono stata chiamata come tecnico”, dichiara decisa appena nominata. Ora, sembra aver trovato la sua dimensione: “La pace interiore è una grande forma di energia!!!” ha scritto alle ore 8,19 del 4 giugno sulla sua pagina Facebook. E a chi le chiede come trovare il giusto equilibrio, risponde: “Continua a cercare, a volte basta solo vedere meglio ed è già lì dentro di noi…”. Un po’ Freud, un po’ Quelo.

Virna Bello

Era la terza del gruppo “Silvio ci manchi”. Più che alla politica amava dedicarsi alle feste mondane di provincia: faceva la pr, per tutti era la “braciulona”. Sarà la prima a ottenere un incarico: assessore comunale all’Istruzione a Torre del Greco, la sua città di origine. E anche la prima a confermare la propria presenza a Villa Certosa nell’ottobre 2006 con le amiche Francesca ed Emanuela: “Ricordo ogni particolare perché in quell’occasione mi resi conto che il paradiso esiste pure sulla Terra… Il viaggio a Villa Certosa rappresentò una spinta decisiva, in termini di entusiasmo e passione, per intraprendere diciamo così la carriera politica” ha dichiarato al portale napoletano www.metropolisweb.it. Sarà anche la prima a rimanere senza incarico: un anno dopo la nomina le è stata revocata.

Giovanna Del Giudice

Ventisei anni, iscritta alla facoltà di giurisprudenza, un passato da ragazza immagine al Billionaire e da meteorina nel tg4 di Emilio Fede: tanto è a Giovanna Del Giudice bastato per finire tra le “Papi Girl” della scuola di formazione azzurra in cui nella primavera 2009 si allevavano veline per Bruxelles. Le parole di Veronica Lario, il “ciarpame senza pudore” denunciato dopo la festa per i 18 anni di Noemi Letizia a Casoria, ostacolarono la sua candidatura: “Non protesto, ma un po’ ci resto male. Avevo anche firmato dal notaio” dichiarò all’indomani della sua esclusione tornando a fare da assistente parlamentare (ha lavorato con i senatori Ghigo, Rizzotti e Picchetto). Anche per lei, ci sarà un posto alle regionali in Campania ma, con 4000 voti, Giovanna risulterà la penultima dello schieramento azzurro. Peggio di lei farà solo Emanuela Romano, nominata poi assessore comunale a Castellammare di Stabia. Un posto a Giovanna lo troverà, invece, Luigi Cesaro, che agli inizi di luglio la nomina nella sua giunta provinciale a Napoli: assessore alle pari opportunità e alle politiche giovanili. “Giovane ed ex meteorina: e allora? L’ho premiata e non me ne pento affatto” ha dichiarato al Corriere del Mezzogiorno il Presidente amico prima di don Raffaele Cutolo poi di Silvio Berlusconi.

Antonia Ruggiero

“Ho salvato la Giunta Provinciale di Avellino da un destino come quello di Taranto” (giunta annullata dal Tar per mancato rispetto delle quote rosa) raccontava appena pochi mesi fa Antonia Ruggiero, la prediletta irpina del premier. Perché era l’unica donna nella Giunta di Cosimo Sibilia, il presidente senatore (doppio incarico), anche se imposta direttamente Berlusconi. Figlia di imprenditori, sposata con un giornalista Rai, bruna con gli occhi di ghiaccio che hanno stregato il premier: nel 2008 il nome della Ruggiero era stato cassato all’ultimo momento dalla posizione numero cinque della lista di Forza Italia alla Camera. “Ero in quota Rotondi, ma la mia era una candidatura del presidente Berlusconi e, purtroppo, sono stata inspiegabilmente silurata all’ultimo minuto. Ci sono rimasta di gesso”. Un anno dopo, stesso refrain per le Europee. Il rimedio è quel posto da assessore provinciale alle politiche giovanili e alle pari opportunità. Ma non basta, Berlusconi impone nuovamente il suo nome in lista alle regionali. Come per la Del Giudice e la Romano. Per lei, però, il premier ha preteso l’impegno dell’intero partito e alla fine la Ruggiero è risultata la prima eletta nella provincia di Avellino, mandando su tutte le furie l’ex capo dell’opposizione in Consiglio, il finiano Franco D’Ercole, che non ce l’ha fatta a essere riconfermato. Ora guida la commissione cultura, con auto blu e indennità aggiuntiva.

Nicole Minetti

“Sono adeguata al ruolo”. La giovane e bella Nicole Minetti al suo primo giorno da consigliere regionale si è mostrata decisa e spavalda. Purtroppo ai giornalisti non è stato consentito porgerle domande perché dalle sue spalle è spuntata una signora di mezza età che con piglio preciso ha agguantato e allontanato i microfoni. “La dottoressa Minetti non parla, io son la sua pierre”. Abbandonati i microvestiti con i quali ha tentato di sfondare nel dorato mondo televisivo (fra cui i casting per Colorado Cafè di Italia 1 e i passaggi in Scorie su un’altalena), la 25enne Minetti si è presentata in aula con un abito monacale grigio chiaro. Su di lei si erano scatenate polemiche furibonde perché Berlusconi aveva imposto la sua candidatura nel listino blindato di Roberto Formigoni. Scalzando volti e nomi più noti, come Paolo Cagnoni, l’assistente del ministro Sandro Bondi. Ma l’ordine arrivato da Arcore non poteva cadere nel vuoto.

Silvio Berlusconi e Nicole Minetti si sono incrociati un anno fa. Quando la giovane di Rimini, arrivata a Milano per la specializzazione di Igiene dentale al San Raffaele, venne reclutata per fare la hostess allo stand di Publitalia da Luigi Ciardello. Accomodata su uno sgabello, con tacchi 12, tailleur bleu scuro con doverosi spacchi e adeguate scollature, il Cavaliere rimase folgorato. Questo almeno raccontano i soliti maligni, gli invidiosi retroscenisti. Lei, pur non avendo mai fatto mistero dell’amicizia nata con il premier, ha sempre tenuto a precisare di essere “adeguata”. Io, ha detto in una (rarissima) intervista al Corriere della Sera rilasciata prima di essere eletta, “ho il mio curriculum, mi sono preparata e credo di essere adeguata al ruolo”. Certo “sono consapevole di essere giovane e di avere ancora molto da imparare. Ma non mi piacciono i giudizi affrettati e credo che le persone vadano misurate sul campo”. E poi fa una richiesta: “Potreste smettere di pubblicare le foto di quando ho lavorato in tv? Il mio mestiere è un altro”. Ovviamente il Corriere della Sera pubblica l’intervista corredata da due foto. Una che ritrae Minetti ai tempi della tv con abiti a dir poco succinti e l’altra nella nuova veste: niente più scollature audaci né lunghi capelli al vento ma una casta camicia bianca e capelli raccolti. Al primo giorno tra i banchi del consiglio regionale si è conquistata l’interesse dell’altra matricola: Renzo Bossi. Il trota, in appena due ore, ha colto l’adeguatezza in aula di Nicole Minetti.

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Berlino fuori dal nucleare: centrali per altri 12 anni Merkel: "Una rivoluzione"

Berlino fuori dal nucleare: centrali per altri 12 anni Merkel: "Una rivoluzione": "

L’uscita dal nucleare per uso civile slitta di 14 anni Per le centrali meno moderne la proroga sarà di 8 anni. Gli effetti fiscali del provvedimento genereranno per le casse dello Stato entrate fino a 30 miliardi

Maroni, se questo è un cristiano

Maroni, se questo è un cristiano: "Monsignor Agostino Marchetto è stato 'dimissionato' dal Vaticano per le sue posizioni a proposito di immigrati. Ma sul tema non ha cambiato idea. Anzi: ha diverse cose da dire al governo italiano"

Referendum in Turchia: riformata la Costituzione Tolto il potere ai militari

Referendum in Turchia: riformata la Costituzione Tolto il potere ai militari: "

Con il 58% di sì al referendum passa la riforma della Carta ispirata ai princìpi di Kemal Ataturk. Adesso potranno essere processati pure gli alti gradi delle forze armate responsabili di azioni antidemocratiche

domenica 12 settembre 2010

Marchionne, Berlusconi e la libertà mannara

Marchionne, Berlusconi e la libertà mannara: "di Paolo Flores d’Arcais, il Fatto Quotidiano, 28 luglio 2010
Cosa hanno in comune Sergio Marchionne e Silvio Berlusconi? A prima vista nulla. Cosmopolita l’uno (ha tre nazionalità: italiana, canadese, svizzera), con un curriculum strepitoso nel mondo finanziario e imprenditoriale di due continenti, e una carriera che nulla ha dovuto a [...]"

Non avrei saputo spiegarlo meglio...

A scuola abbiamo studiato la Costituzione. Dice che hai il diritto di dire quello che vuoi, pregare chi vuoi, quando vuoi, dove vuoi. E non è compito del governo dirti cosa devi dire. Ci hai appena dato dentro con Glenn Beck: ha il diritto di dire quello che vuole. È il bello dell’America. C’è gente che dice «Be’, in Arabia Saudita non si possono costruire chiese». Esatto! È la differenza tra l’Arabia Saudita e l’America. È molto semplice. Che ti piaccia o meno la moschea, non sei costretto ad andarci. Lì c’è già un’altra moschea, a quattro isolati da Ground Zero. Ci sono locali porno, fast food — voglio dire — è una zona vitale, è New York!

           M. Bloomberg, Sindaco di New York

sabato 11 settembre 2010

Il Web continua a stupirmi...

Scoperto per caso: http://yubnub.org/

Frasi su Ambrosoli, Andreotti nella bufera «Mi dispiace, fraintese le mie parole»

Frasi su Ambrosoli, Andreotti nella bufera «Mi dispiace, fraintese le mie parole»

Il senatore a vita aveva dichiarato: «Se l'è andata a cercare». Il Pd: «Agghiacciante». L'Idv: «Un insulto»

Andreotti che simpatico vecchietto

Andreotti che simpatico vecchietto: "

Così “Ambrosoli, per dirla in romanesco, un po’ se l’è cercata”. Andreotti ha gettato la maschera? Ma no, è stato solo un po’ più chiaro di altre volte. Quante battute ha fatto in vita sua per far capire, gli altri capivano e facevano finta di niente? Andreotti e Cossiga, Cossiga e Andreotti. Cercheranno di farli santi. Ma guai a dimenticare queste frasi. Che sono una autentica rivendicazione di campo. Perfino peggio del “Mangano eroe”, perché qui si sale fino all’ultimo gradino, lo scherno della vittima. Quell’infame di Ambrosoli, pensate, osò opporsi ai voleri di Giulio Andreotti benché fosse allora l’uomo politico più potente d’Italia; capo del governo, anzi, in perenni rapporti con il latitante Michele Sindona. Che il suo uomo di più stretta fiducia, Franco Evangelisti, incontrò “per caso” in un negozio di giocattoli (trenini? soldatini? bamboline?) a New York.

Dopo questa rivendicazione sarebbe bello che tutti quelli che a suo tempo hanno inondato l’Italia di manifesti sull’ innocenza del Divo facessero pubblica ammenda. E così solennemente dicessero: anche se è uscito indenne per prescrizione dal processo di Palermo, comunque mi fa schifo moralmente e politicamente. E un po’ mi faccio schifo anch’io per averlo portato in trionfo. Quanto a Vespa, il prode Vespa, perché non dà oggi a Umberto Ambrosoli lo stesso diritto di parola che diede a Previti contro i suoi giudici la sera stessa che lo avevano condannato?

Viene un po’ il sangue alla testa a pensare a quante volte mandanti mafiosi e camorristi spremono quella frase sulle brave persone che fanno assassinare: se l’è voluta, se l’è cercata, (in genere aggiungono “quel cornuto”), colpa sua, ha passato il segno. Già, il segno che decidono loro. Lo avranno detto anche su Vassallo. Prendo atto comunque che in nemmeno una settimana le rivendicazioni di campo arrivate via tivù sono almeno due. Questa su Ambrosoli e, mi si perdoni se ancora lì torno, quella di Cossiga sul generale dalla Chiesa alla trasmissione di Minoli. Una frase che, chissà perché, non avevo mai percepito con tanta chiarezza. Cossiga (ridendo) : “Io lo avevo avvisato di non avvicinarsi troppo a Craxi”. Uno dice: e che diavolo c’entra con la fine che ha fatto? Poi ci pensi ed è tutto chiaro, altro che complotti e trame oscure. Traduco: “E tu, generale, davvero pensavi di potere andare in Sicilia a combattere la mafia senza guardare in faccia nessuno, dimenticando la Dc, e addirittura entrando in confidenza con Craxi? Così poi magari lui ti proteggeva mentre tu ci disfacevi l’impero in Sicilia?. Eh, generale, te la sei cercata, io il consiglio te l’avevo dato…”.

Se la sono cercata in tanti. Bisogna dire, in verità, che anche Cossiga e Andreotti se la sono cercata tenacemente, la disistima degli italiani. Solo che non riescono a conquistarla. Andreotti che arrivato quasi ai cent’anni dice una sozzura del genere e non lo cacciano lo stesso dal consesso civile sembra la strega Nocciola che, per quanti prodigi faccia, proprio non riesce a dimostrare a Pippo di essere una strega. Ecco: forza Pippo, forza Italia!

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Berlusconi e la legge di Murphy

Berlusconi e la legge di Murphy: "

A volte il Fato disegna i suoi ghirigori con l’inchiostro della crudele ironia. L’uomo che piu’ di tutti ha combattuto per non soccombere alle leggi vigenti alla fine potrebbe crollare di fronte ad una non scritta. Berlusconi ricorderà il 2010 come l’anno della Legge di Murphy: l’anno in cui, contro ogni previsione, tutto ciò che poteva andar male è andato effettivamente male. Dopo le elezioni regionali sembrava che tutti gli ostacoli si fossero polverizzati. Dai suoi ventriloqui arrivavano tronfi proclami sui radiosi prossimi tre anni: senza il fastidio e la distrazione di tornate elettorali fino al 2013 era possibile dedicarsi alla mitica Realizzazione del Programma.

L’ectoplasma dell’opposizione non era riuscito a scalfire l’enorme vantaggio elettorale della maggioranza neanche dopo un’infilzata senza paragoni di scandali e sentenze abbattutisi in rapida successione sul presidente del Consiglio da tutti i lati: escorts, Protezione Civile, indebite pressioni sulla Rai e sull’AgCom, Lodo Alfano, sentenza Mills, Spatuzza, danni per la vicenda Mondadori (tanto per limitarsi al bouquet di quelli piu’ noti). Per cui non si intravedeva alcun freno sostanziale ai diktat dell’Unto. La strada era spianata per riscrivere la Costituzione in salsa peronista (o Pa-peronista come avrebbe detto Cossiga, con tocchi papi-ronisti, aggiungerei io) e regolare una volta per tutte i conti con la magistratura e quel poco di stampa libera che resisteva con i denti e le unghie.

Poi, senza che gli aruspici di corte ne cogliessero le avvisaglie, il meccanismo si e’ inceppato e con i primi caldi l’Unto ha iniziato a sciogliersi. Qualche utilizzato finale e un utilizzato intermedio hanno spezzato l’incantesimo che li teneva legati al Circe di Arcore. Difficile dire dove sia stato piazzato l’innesco, ma dalla fatidica direzione nazionale del PdL in cui Fini salto’ giu’ da predellino, la Legge di Murphy ha messo in moto i suoi ineluttabili effetti letali. I tre anni di legislatura senza ostacoli sono solo un lontano ricordo.

Ma lo zenith non è stato ancora raggiunto. Siamo in quella fase delle tragedie in cui il protagonista mostra ancora la forza di reagire, il desiderio di non rasseganrsi al destino. E Pa-peron raccoglie le truppe, dai colonnelli ai caporali, compreso qualche kamikaze di Via Mazzini per puntellare i fronti sguarniti dove urgono i rinforzi. E su questo che si gioca lo scontro con il Fato. Ma il cammino appare segnato. Perche’ la campagna acquisti richiede moneta politica (e non solo) sonante, ma quella rimasta nel portafogli di Berlusconi ricorda i marchi di Weimar o i dollari dello Zimbabwe.

I conti, sia pure a spanne, dicono che il PdL perdera’ 60 o 70 deputati e non si sa quanti senatori. Quindi l’appello agli “amici” a tornare all’ovile in cambio di una rielezione sicura suona come una promessa di Mussolini nell’inverno del 1945. E seppure qualche allocco fosse tentato, il posto in lista se lo dovra’ contendere in una titanica lotta tra le piu’ capaci e rodate ghiandole salivari in circolazione, pronte a tutto pur di strappare un posto al sole nelle liste bloccate. Non ci vorra’ molto a rendersi conto che l’ovile è solo un set di cartapesta falso quanto una capigliatura trapiantata.

Ma poi siamo proprio sicuri che le liste saranno effettivamente bloccate? C’e’ una discreta probabilità che la legge elettorale venga cambiata se gli oppositori una volta tanto capissero la posta in gioco e si mettessero d’accordo su un sistema che ponga fine al Porcellum. Non ci sarebbe nemmeno bisogno di fare un nuovo governo, basterebbe portare la proposta in Parlamento ed approvarla.

E poi non e’ detto che debba essere Berlusconi il Presidente del Consiglio che conduce il paese alle urne. Una volta che l’Unto si dimettesse Napolitano potrebbe comunque affidare l’incarico di formare un nuovo governo ad una personalita’ fuori dai giochi che chieda la fiducia al Parlamento. Anche se non dovesse ottenerla Berlusconi perderebbe lo scudo del legittimo impedimento e dovrebbe fare i conti con i processi. Magari con una sentenza sul caso Mills. Il ritrovato gusto del buon umore che promana dal Quirinale potrebbe essere dovuto a questa gradevole prospettiva dopo due anni di insulti, pressioni, diatribe e minacce.

Rimane solo da augurarsi ardentemente che a questo giro i grandi strateghi del PD se ne stiano in barca con la loro ciurma. Perche’ solo loro sarebbero capaci di far perdere la partita nonostante il carico di briscole che il Fato in questa mano folle, ha voluto, imprescrutabilmente, servire a chi puo’ ancora raddrizzare la barra di questo disgraziato Paese.

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Nokia, il CEO che viene da Redmond

Nokia, il CEO che viene da Redmond: "Stephen Elop di Microsoft sostituira' Kallasvuo. Per dare una smossa all'azienda finlandese che teme di essere cannibalizzata da iPhone e dispositivi Android

L’inceneritore di Acerra ko da mesi Ma Impregilo vuole 350milioni dalla Regione

L’inceneritore di Acerra ko da mesi Ma Impregilo vuole 350milioni dalla Regione: "

Nel dicembre scorso Guido Bertolaso dichiarava: “Il dato inconfutabile è che ci sono 6 discariche a norma, 7 impianti Stir attivi e un termovalorizzatore che funziona come un orologio svizzero, non inquina e produce reddito (…) Aver risolto questa emergenza è dunque per me la maggiore soddisfazione possibile”. Sanciva la fine dell’emergenza rifiuti in Campania, almeno sulla carta, e la fine della gestione commissariale da lui guidata nel ruolo di sottosegretario di governo.

Oggi, però, le cose non sembrano più così rosee. L’inceneritore, infatti, è quasi fermo. E per due giorni si è fermata anche la terza linea . Il miracolo è compiuto, l’impianto più grande d’Europa, inaugurato in pompa magna da Berlusconi e Bertolaso, è andato in ferie a settembre. Solo una linea funzionava, una è chiusa per manutenzione, l’altra si è fermata per gravi problemi strutturali. Un simile quadro fa venire a galla tutte le preoccupazioni su un impianto che era vecchio già al momento dell’inaugurazione , anzi diciamo un pacco di rottami da riciclare in Campania. Era un impianto obsoleto già nel 1998, all’epoca della gara che assegnò la gestione degli impianti per il trattamento dei rifiuti in Campania e la realizzazione dell’inceneritore all’Impregilo e alle sue controllate. La Partenope ambiente, società dell’A2a che ora ha preso in gestione l’impianto, fa sapere che “siamo nella norma e sostanzialmente in linea con le previsioni, niente di preoccupante”.

A quanto risulta a ilfattoquotidiano.it, l’impianto ha seri problemi di tenuta, e non riesce a garantire la combustione delle 2.000 tonnellate al giorno previste, basta leggere i dati sulle quantità bruciate forniti dalla stessa proprietà. Nel marzo 2009 Silvio Berlusconi, quando schiacciò il pulsante rosso per accendere l’inceneritore, dichiarò la fine dell’emergenza. Assicurava: “L’impianto è davvero impressionante. Funziona benissimo. Dall’immondizia si riuscirà a ricavare energia Berlusconi lo aveva presntato come un “dono di Dioelettrica pulita. Non inquinerà e sarà come tre auto di media cilindrata in moto”.

Nella zona di Acerra, Pantano dove sorge l’inceneritore, le polveri sottili, hanno sforato i limiti consentiti in ben 250 giorni su 500, secondi i dati Arpac (il limite è di 35 sforamenti annuali). In realtà al momento inquina meno di tre auto in moto, visto che, nel silenzio generale, funziona a scartamento molto ridotto. Ma il primo ministro pensava addirittura di esportarlo: “ Questo impianto è un dono di Dio, si tratta di un prototipo da ricostruire in almeno quattro regioni italiane”. Non pago Berlusconi parlò dei manager di Impregilo come degli eroi, manager sotto processo, insieme con l’ex commissario Antonio Bassolino, per la gestione dei rifiuti campani. Intanto, la società milanese vuole i soldi per la costruzione del megaforno. Si parla di una cifra superiore ai 350 milioni di euro ( secondo uno studio dell’Enea). Questi soldi potrebbero essere versati dalla Regione Campania a Impregilo. Tutto a carico dei cittadini. Oltre al danno, la beffa. Una valanga di soldi per l’inceneritore che non fa miracoli.

di Tommaso Sodano e Nello Trocchia

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Sua Emittenza Silvio Berlusconi

Sua Emittenza Silvio Berlusconi: "

C’è una vecchia canzone di Renzo Arbore che suona così: “il padre dice al figlio/senti un po’/ solo un consiglio è quello che ti do/ tu nella vita comandi fino a quando/ hai stretto in mano il tuo telecomando”.
E’ difficile immaginare una rima più efficace per riassumere il rapporto tra la televisione ed il nostro Paese: l’Italia è il regno del tele-potere ed il telecomando ne rappresenta lo scettro.

E’ una riflessione, ormai, tristemente vera da decenni.

La storia di una delle vicende che ha, probabilmente, maggiormente segnato il corso degli eventi politici nel nostro Paese è iniziata quando Silvio Berlusconi si è, dapprima, affacciato sulla scena televisiva italiana, con le Reti del biscione, in qualità di contoterzista mentre i suoi mandanti espropriavano il Paese della televisione di Stato asservendone la governance a logiche partitiche e lo privavano di una disciplina idonea a garantire il pluralismo e la concorrenza nel settore radiotelevisivo ed è, poi, proseguita, quando il Cavaliere si è visto costretto a mettersi – anche politicamente – in proprio non esistendo più alcun mandante capace di offrirgli adeguate garanzie.

Sfortunatamente per la democrazia nel nostro Paese questa storia di tele-potere, non è ancora finita e, anzi, sembra destinata a durare ancora a lungo.

L’ultimo capitolo, in ordine di tempo, lo hanno scritto, in pieno periodo estivo, in tandem, il Presidente del Consiglio e Ministro ad interim per lo sviluppo economico, Silvio Berlusconi ed il sottosegretario allo Sviluppo economico con delega alle comunicazioni nonché Ministro per lo Sviluppo economico in pectore, Paolo Romani.

I due, infatti, il 23 agosto – o qualche giorno prima – hanno pensato bene, naturalmente nell’interesse del pluralismo della televisione nel nostro Paese, di autorizzare Mediaset ad occupare, con le proprie trasmissioni, uno dei 5 multiplex del digitale terrestre destinato ad essere messo all’asta ed ad essere impiegato per colmare il digital divide ovvero per diffondere servizi di connettività a banda larga nelle zone dove la stessa ancora non arriva.

Rete 4 HD, Italia 1 HD e Premium calcio 2 HD targati Mediaset al posto di tanta risorsa di connettività per tutti.

Ovviamente, c’è da aspettarsi, che, anche questa volta, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato non ravviserà alcun conflitto di interessi perché il Premier avrà, certamente, avuto cura di far firmare l’autorizzazione fantasma (n.d.r. il provvedimento è assolutamente introvabile sul sito del ministero dello sviluppo economico così come su quello dell’Autorità delle Garanzie per le comunicazioni che non ha, neppure, ritenuto di darne atto nella propria rassegna stampa) al Suo sottosegretario Paolo Romani in virtù della delega da esso stesso attribuitagli proprio alle comunicazioni.

Certo, in un Paese normale, non basterebbe una firma a fare la differenza tra la sussistenza di un macroscopico conflitto di interessi e la sua insussistenza soprattutto quando la firma in calce al provvedimento con il quale si regala a Mediaset uno straordinario vantaggio competitivo in relazione all’asta che verrà, viene apposta da un personaggio come Paolo Romani che – senza nulla voler togliere alle sue competenze – non può certo vantare un passato lontano dall’universo televisivo del Cavaliere.

Ma l’Italia, appunto, non è un Paese normale.

Avete dei dubbi? Provate a riflettere su un paio tra le tante circostanze responsabili dell’anomalia televisiva e democratica italiana.

L’azionariato della concessionaria di Stato del servizio pubblico radiotelevisivo è per il 99,56% del Ministero dell’Economia e, dunque riconducibile ad un Premier già Tycoon di un impero televisivo come quello Mediaset e, per il restante 0,44% della SIAE, Ente pubblico economico operante sotto la vigilanza del Ministero dei beni e delle attività culturali e, dunque, ancora una volta facente capo al medesimo Governo.

La RAI opera in forza di un contratto di servizio pubblico sottoscritto con il Ministero dello Sviluppo economico e, dunque, con un soggetto riconducibile alla stessa stanza dei bottoni di Palazzo Chigi occupata anche dal suo azionariato: un po’ come se il Governo concedesse a sé stesso la gestione del servizio pubblico radiotelevisivo.

Vi sembra possibile ipotizzare che il Ministero dello Sviluppo economico contesti alla RAI – sua concessionaria – l’inadempimento al contratto di servizio pubblico?
Decisamente no e, infatti, non è mai avvenuto.

Così come davvero poche e di scarso rilievo sono state le occasioni nelle quali l’Autorità per le Garanzie nelle comunicazioni ha richiamato la RAI al rispetto dei suoi obblighi di servizio pubblico.

Come sorprendersi, considerato che l’AGCOM è uno di quelle Autorità che Giuliano Amato chiamava semi-indipendenti in quanto i suoi membri sono nominati dal Parlamento ed il suo Presidente dal Presidente del Consiglio dei Ministri?

Egualmente non può dimenticarsi che, attualmente, la RAI trasmette la sua programmazione sulla piattaforma digitale terrestre e su quella satellitare attraverso i servizi erogatile – a pagamento – da TIVU’, società di nuova costituzione il cui 48% è detenuto dalla stessa RAI mentre il rimanente 48% è detenuto dalla R.T.I. del Presidente del Consiglio e l’ulteriore 4% dalla Telecom Italia.

E’ davvero credibile che in un Paese drammaticamente affetto da un problema di mancanza di pluralismo nel settore radiotelevisivo, nel 2008, non esistesse un’alternativa rispetto all’idea di far passare la programmazione del servizio pubblico radiotelevisivo attraverso l’infrastruttura ed i servizi di una società controllata al 96% – in parte in termini economici ed in altre parte in termini politici – dallo stesso Signore del Tele-comando?

Sfortunatamente gli eventi degli ultimi anni raccontano che il “sacco” della televisione e della democrazia a spese del Paese ed a vantaggio, esclusivo, dei soliti noti non è ancora finito.
Come si fa, d’altra parte, a non mettere in correlazione questi drammatici episodi anti-democratici con il clamoroso ritardo con il quale il nostro Paese sta affrontando il problema del divario digitale e della diffusione delle risorse di connettività e, quindi, di Internet?
Internet è uno strumento, per sua natura, pluralista ed in grado, nel medio periodo, di abbattere il monopolio radiotelevisivo di RAISET ma, sfortunatamente il suo sviluppo nel nostro Paese dipende dagli stessi Signori del Tele-comando che non hanno alcuna intenzione né interesse ad investire seriamente in questa direzione, correndo il rischio di offrire ai cittadini un media più democratico e pluralista e di veder così sgretolare il loro impero e con esso la loro capacità di influenza sulle masse.

Un’altra storia nella storia per riflettere.
Il 3 novembre 2009, il sottosegretario Romani prende carta e penna e, non potendo partecipare allo IAB Forum, scrive agli organizzatori dicendo che, a giorni, il CIPE avrebbe dato il via libera all’utilizzo di 800 milioni di euro per lo sviluppo della banda larga in Italia. Una buona notizia, forse anche troppo buona. E, infatti, il giorno dopo, il sottosegretario alla Presidenza del consiglio Gianni Letta, sconfessa Romani e dice a chiare lettere che il Governo non intende investire quei soldi sino a quando il Paese non sarà uscito dalla crisi. Ancora qualche ora e si scopre che – contrariamente a quanto riferito da Romani – gli 800 milioni in questione non sono mai stati accantonati e nessuno a mai chiesto al CIPE il via libera a spenderli per risorse di connettività. Ognuno tragga le proprie conclusioni.

La mia è che, sfortunatamente, viviamo in un Paese ancora governato a mezzo TELE-COMANDO, nel quale la TV è sempre di pochi, per pochi e dei soliti noti e, soprattutto, nel quale il Palazzo ha ormai capito che Internet rischia di spegnere il giocattolo televisivo e liberare i cittadini dalla condizione di tele-dipendenza nella quale siamo stati ridotti.

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