Chiamo Stefania Pezzopane, assessore della giunta Cialente al Comune di L’Aquila, che sta in Piazza Navona con i 5 mila terremotati arrivati a Roma in pullman. Mi racconta in diretta degli scontri su via del Corso: “Non c’era alcun motivo di quelle cariche. La manifestazione era autorizzata. Siamo qui per chiedere la proroga delle tasse e il benedetto inizio della ricostruzione”.
Mi dice della vergogna di essere caricati dalla polizia “come facinorosi, come furfanti”. Mi dice che non era mai successo nella storia d’Italia che i terremotati venissero presi a botte. Mi dice: “Siamo primi anche in questo”.
Le chiedo lo stato delle cose nei paesi del cratere. Dice che “a 15 mesi dal terremoto ci sono ancora 56 mila persone che vivono fuori casa”. Molti di loro in albergo, molti in case di parenti e amici sparpagliati in tutta la Regione, 18 mila nelle nuove abitazioni del progetto C.A.S.E.
Mi dice: “Ci hanno usato nei primi mesi della propaganda, ci hanno esibito tutti i giorni in televisione quando eravamo l’oggetto del miracolo berlusconiano. Ora che le cifre e la rabbia smentiscono tutta la propaganda che hanno costruito sul nostro dolore, i telegiornali davanti a noi scappano”.
Ora i terremotati non fanno più notizia. Vengono nascosti come cenere sotto al tappeto, come residuo di una storia andata in onda tanto tempo fa e che adesso ha già stufato. Ancora i terremotati? Basta con questi terremotati.
Mi dice: “Berlusconi è venuto a L’Aquila l’ultima volta a gennaio, sette mesi fa. Si è spaventato dei fischi. Da allora non si è più visto. Ha mandato un po’ di ministri, compresa la Prestigiacomo che ci diceva non preoccupatevi. Come no: e perché mai dovremmo preoccuparci? Durante la campagna elettorale sono venuti tutti, deputati, sottosegretari, ministri. Berlusconi ogni tanto telefonava”.
Ma quando è finita la campagna elettorale è finita anche la processione. Sono finite le promesse. Sono finite le telecamere. Ora tocca agli scudi, ai manganelli e a qualche ferito senza importanza.
(Vignetta di Bandanax)
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