Giulio di Siena scrive: Patton
La tesi è affascinante, gli ingredienti ci sono tutti, gli interessi  concomitanti pure, ma personalmente  ritengo che la morte di Falcone non  sia stata decisa a seguito delle investigazioni in materia di  riciclaggio delle ingenti somme provenienti dall’impero crollato o al  narcotraffico con quell’origine. Falcone, costretto ad abbandonare  Palermo per i micidiali attacchi dei suoi colleghi e della stampa  giacobina, tecnicamente poteva fare poco. Era stato messo fuori gioco ed  additato addirittura come reprobo per essere passato con i socialisti  (che una certa vulgata voleva sensibili alle istanze mafiose).   Analizzando quanto  accaduto prima della sentenza della Cassazione  (omicidio del giudice Antonino Scopelliti) e dopo  con l’eliminazione  dei politici rivelatisi inutili, Ignazio Salvo, Salvo Lima, ma anche   con Andreotti processato con raffiche di pentiti, mi sono radicato nella  convinzione che il motivo scatenante sia stato il maxiprocesso e gli  sfavorevoli esiti in Cassazione, dopo iniziali successi  che sono stati  all’origine dei sospetti “sull’ammazzasentenze” Corrado Carnevale.
GUZZ- L’AMBASCIATORE SOVIETICO, E POI RUSSO, ADAMISHIN ANDO’  da Cossiga e disse: Fermate questa rapina, i soldi russi del KGB e del  PCUS stanno transitando in Italia per essere riciclati. Fate qualcosa.
Cossiga chiamò D’Alema e gli chiese: State per caso riciclando per conto del KGB  su conti gestiti da Cosa nostra?
Ohibò, disse D’Alema, assolutamente non io, ma posso dire che un grandissimo finanziere – che  se ti dicessi il nome cadresti dalla sedia – mi ha offerto l’affare del  riciclaggio e io ho detto di no. Dunque il fatto esiste, ma non sono io.
Allora Cossiga disse ad Andreotti, primo ministro: Volete fermare questa  porcheria che sta dissanguando la Russia?
E Andreotti rispose: NO, perché un gesto del genere sarebbe vissuto dal  PCI come aggressivo nei loro confronti e io devo preservare l’equilibrio  nel governo. Ma ho un’idea: chiama Falcone e digli di fare qualche  passo informale che soddisfi i russi.
Cossiga chiamò Falcone e gli spiegò la situazione. Falcone disse: ma io  sono ormai soltanto un direttore generale del ministero della giustizia,  che cosa posso fare?
E Cossiga: incontra questi russi, tranquillizzali, fai vedere che stiamo  facendo qualcosa.
Falcone incontrò i giudici russi e organizzò meeting riservati, coperto  dalla Farnesina che gestì l’affare.
Poi chiamò Paolo Borsellino e gli spiegò il problema che si era creato.
Borsellino, vecchio militante del MSI e anticomunista intransigente  disse: tu sei un impiegato al ministero, ma io no. Io posso indagare.  Aprirò una mia Agenda Rossa su questa faccenda e discretamente cercherò  di capire di più.
Bum !! Capaci.
Borsellino qualche settimana dopo si dette una manata sulla fronte e  disse: cazzo, ho capito chi e perché ha ammazzato Giovanni:
BUM! Via D’Amelio.
Il PCI che sapeva perfettamente la storia, si avventò come un branco di  jene sui due morti santificandoli alla svelta con un rito abbreviato e  intenso di processioni popolari mummificandoli nella sua glassa  mediatica affinché NESSUNO MAI potesse rivangare la verità. E’ come il  “missile” inesistente di Ustica. E’ come la strage “fascista” di  Bologna. Quando il partito copre la merda, tutti devono dire: che  profumo di violette.
Giancarlo Lehner voleva scrivere questa storia avendo una moglie russa  che aveva parlato con Stepankov, il procuratore di tutte le Russie che  aveva trattato con Falcone e che si era subito dimesso per paura: “Io ho  famiglia, ho visto quel che hanno fatto a Giovanni”. Giovanni in russo  si dice Ivan, e i giornali russi alla morte di Falcone avevano scherzato  su “Chi ha fatto fuori il povero Ivan”, sulla falsariga di una  filastrocca popolare. Tutti a Mosca sapevano chi e perché aveva fatto  fuori il povero Ivan. In Italia nessuno sapeva spiegare perché fosse  stato ucciso il povero Ivan. Non era un pericolo attuale per la mafia. E  la mafia non uccide “alla memoria” o per vendetta a posteriori. E  allora: perché e chi ha ucciso il povero Ivan.
Lehner disse a un settimanale del suo progetto di libro sulla morte di  Falcone. Andreotti lo mandò a chiamare nel suo studio di piazza in  Lucina e gli disse: Voglio aiutarla, spero di recuperare i fonogrammi  riservati con cui la Farnesina ha preparato gli incontri segreti con i  giudici russi. Quella è la prova del fatto che Falcone indagava, senza  averne un mandato, ma era andato molto più avanti del semplice contatto  diplomatico con i russi, tanto per far vedere che in Italia il  riciclaggio del tesoro sovietico era tenuto sotto osservazione. Poi  Andreotti chiamò il giornalista e gli disse: Caro Lehner, butti nel  cestino il suo progetto di libro, se non vuole lasciarci la pelle.
Come sarebbe a dire?, fece quello. Sarebbe a dire, disse Andreotti, che  dalla Farnesina mi hanno risposto che i dispacci si sono persi e che non  si trovano più. Questo vuol dire che l’operazione è stata cancellata e  le sue tracce distrutte. Dunque ci troviamo di fronte a un nemico più  grande di noi due. Lasci perdere la morte di Falcone, dia retta.
Alla Camera, in un giorno di votazioni a Camere congiunte, io Lehner e  Andreotti abbiamo rivangato il fatto. Giancarlo parlava, Giulio annuiva  con un sorriso tirato.
Nessuno avrebbe potuto attivare il pulsante di Capaci con la certezza di  fare il botto al momento giusto, se non ci fosse stato un emettitore di  impulsi sulla macchina. Le due operazioni Capaci e D’Amelio sono  operazioni di guerra condotte con tecniche di guerra, del tutto ignote  alla mafia siciliana.
Il resto sono chiacchiere da bar dello sport.
L'intervista originale.
RispondiEliminaChe palle Guzzanti!! Se avesse scritto lui la trama di "Independence Day", il KGB e D'Alema sarebbero stati la Quinta Colonna degli alieni...
RispondiEliminaPeró dai, lasciamolo parlare, diamogli ragione: si sa che l'etá porta l'esperienza ma anche degli "effetti collaterali", spesso predominanti