Dopo aver ripubblicato qui sotto tale quale l’articolo di Belpietro di ieri – modificandone soltanto un paio di nomi di persone e luoghi – ho ricevuto in questo blog, su Facebook e via mail diverse vibrate proteste di amici, avversari e lettori in genere che – non avendo letto ‘Libero’ – non avevano compreso la parodia, e quindi hanno rimarcato che questo tipo di “giornalismo per sentito dire” fa schifo, pertanto dovevo vergognarmi.
Ottimo segno: vuol dire che non tutti i sensori delle persone sono addormentati.
Mi hanno fatto un po’ sorridere solo i disgustati commenti di alcuni passanti di destra, secondo i quali usavo “metodi diffamatori da comunisti”: se almeno leggessero la loro stessa stampa, si eviterebbero tali figure di palta.
Comunque, aldilà del mio piccolo scherzo, l’articolo di Libero è l’evento politico-mediatico di Natale – se non altro perché tra ieri sera e oggi ne hanno parlato tutti.
Il quotidiano di Belpietro e Feltri per primo, naturalmente: e faccio notare che nel titolo a pagina due oggi definisce il suo articolo di ieri “Lo scoop di Libero”. Proprio così, “lo scoop”: termine con il quale cancella i pelosi disclaimer di ieri – «sono voci che riferiamo» – per attribuire definitivamente autenticità e credibilità ai due presunti informatori sulle vicende di Fini.
Più interessante però è la reazione del Giornale – che rischia di vedersi sottratte copie dal duo di viale Majno: inevitabilmente apre la prima pagina sulla vicenda (più quella della escort che quella del falso attentato) prendendone tuttavia le distanze («fango»). Ma, soprattutto, il Giornale dedica il taglio centrale al direttore concorrente con il titolo “Nei guai il caposcorta di Belpietro”, in riferimento al presunto attentato di tre mesi fa: «Per i pm sarebbe solo una montatura».
Ecco, ci siamo. Non c’è bisogno di essere particolarmente addentro le vicende dell’editoria italiana per capire che quella iniziata ieri è soprattutto una feroce guerra di copie tra i due quotidiani gemelli della “destra” berlusconiana, dove si gioca a chi ha più pelo sullo stomaco e a sputtanarsi a vicenda, per portarsi via quel sottoprodotto intestinale dell’Italia che vale in tutto due o trecentomila copie e su cui le due testate si giocano il predominio.
Di qui la scelta del duo Feltri-Belpietro di inaugurare il loro nuovo tandem con una sparata clamorosa, di quelle che al terzo giorno della scuola di giornalismo ti spiegano che è severamente impubblicabile per totale assenza non dico di riscontri, ma nemmeno di chiarezza sulle fonti (in altre parole, anche il più ingenuo dei praticanti sa che se viene un tizio in redazione a dirti che il Papa si fa le canne, o ti porta le foto di Benedetto XVI che si rolla spinelli o almeno si fa intervistare con nome e cognome pubblicabili e fornendo luoghi, date, ora e circostanze precise in cui avrebbe visto il pontefice darsi alle cannabis, in modo da consentire di provare a verificare, ad esempio, se quel giorno l’informatore era davvero in Vaticano etc. In assenza di almeno una di queste due condizioni, le presunte ’soffiate’ che arrivano ogni giorno nelle redazioni finiscono regolarmente nel cestino).
Ma tornando al caso Libero, la vera domanda ora è quali effetti produrrà sul medio termine questa “metabasis eis allo genos” del giornalismo.
Cioè se è stato sdoganato un nuovo e più barbaro modo di fare comunicazione (al confronto Dagospia sarebbe il New York Times) e se – come sostiene un mio cinico collega – il duo direttoriale così facendo guadagnerà robustamente copie. Oppure se, al contrario, la perdita di credibilità e di autorevolezza che viene da questo modo di fare comunicazione sia di nocumento, sul lungo termine, alla salute editoriale di chi ha fatto questa scelta.
Personalmente, ho una tesi di mezzo.
Voglio dire, il modo di fare giornalismo di Feltri è da sempre lontanissimo dall’obiettivo dell’autorevolezza, della ricerca della reputazione e della credibilità. Mi pare che insegua un altro modello, che è quello americano del Weekly World News: “Elvis Presley avvistato in Messico”, “Gli Ufo atterrano in Iraq”, “Bin Laden e Saddam Hussein erano amanti”.
Va benissimo, per carità: e qualche volta, per farmi due risate, quando ero negli Stati Uniti il Weekly World News l’ho comprato anch’io. In una società libera e plurale, ci sta benissimo anche una testata di fantasy postmoderna.
L’importante è che tutti lo si sappia, in giro, che Libero è l’edizione italiana del Weekly World News, e che lo si legga appunto per farsi due risate.
Se poi un giorno la destra italiana vorrà prodursi anche in un quotidiano vero, beh, sarà il benvenuto.
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