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La sinistra, dopo anni di epica ricerca, ha forse trovato il suo grande condottiero. Poiché essa vive di parole la scelta non poteva che ricadere sul re delle iperboli verbali, sul sovrano degli aggettivi, sul presidente degli avverbi, sul gran maestro delle circonlocuzioni, sul signore delle metafore, sul monarca delle perifrasi, sul principe degli eufemismi nonché sull’acerrimo nemico dell’epitome, dell’ellissi e della concisione. Non che quest’ultime proprietà siano sempre positive, dipende dai temi e dal contesto, ma trattandosi di questa politica stracciona è come accendere una candela col lanciafiamme. Ma “Lui” intanto non conosce moderazione né limitazione. Il suo trono è la retorica, il suo scettro la demagogia, il suo abito regale la prolissità. Costui, in realtà, non parla ma decanta, non dichiara ma narra, non descrive ma favoleggia, il suo genere è epopeico, la sua mistica è letteraria, la sua fede è mitologica. Per chi non lo avesse ancora capito stiamo parlando del Governatore della Puglia Nicola Vendola, detto “Nichi” dagli amici vezzeggiatori ma anche dagli avversari diffamatori e sessualmente corretti. La descrizione più aderente del probabile candidato Premier del PD, nella prossima era che si annuncia post-berlusconiana, l’ha fornita Vittorio Macioce su Il Giornale ed è forse il caso di riprenderne qui alcuni tratti salienti. Come sostiene il citato giornalista il Vendolismo, aggiungo io malattia patetica del leaderismo, è “… questo mix di retorica, nostalgia, fede, popolo della Fiom, cattolicesimo, comunismo, ecologismo, glocalismo no global, zapaterismo molto più intelligente, berlusconismo antiberlusconiano, meridionalismo cinematografico, monachesimo laico, Sud Sound System, tammurriata nera, una spruzzata di obamismo e il vecchio caro hard core marxista e la fede atavica sulla fine del capitalismo…Vendola è un romanzo, un’autobiografia, una parabola…un predicatore, un venditore di vangeli”. Ma il vendolismo, attenti a non confondere piani e proiezioni, è più propriamente una sublimazione del berlusconismo e non la sua antitesi irriducibile. Vendola è un Berlusconi in salsa rosa, un arcorese di Terlizzi, un brianzolo del tavoliere, un pubblicitario senza doppiopetto, un venditore porta a porta di utopie, un mercante levantino senza capitali in Svizzera. Uno che passa da Marx alla Madonna con la stessa nonchalance con la quale il suo precursore vivente salta da una escort ad una subrettina. A ciascuno il suo modo di procurasi piacere. L’unica vera differenza tra i due sta nel fatto che il primo parla al cuore ed il secondo alla pancia. Questione di platee e di appartenenze. Ed è qui che Vendola si distanzia da Berlusconi più per necessità che per volontà. Le Platee di destra preferiscono ascoltare i rumori ventrali, quelle della sinistra i palpiti cardiaci. Sia in un caso che nell’altro il cervello non prende posizione e si rintana nel sonno della ragione. Questo è solo l’ennesimo salto dequalificante che farà la politica nostrana nel prossimo futuro mentre intorno tutto continuerà ad andare inesorabilmente a rotoli. Sicuramente domani sarà anche peggio di oggi sia perchè il pugliese si metterà alla testa di forze di governo ancor più reazionarie ed antinazionali di quelle attuali, sia perché quando gli imbonitori occupano interamente la scena sociale significa che la ciccia è già finita e non restano che le ossa da spolpare. Soprattutto quelle dei poveri cristi e dei creduloni i quali sono sempre i primi a cadere nella trappola dei sogni predisposta dai dritti che parlano all’anima e alla coscienza per fottere loro le poche briciole rimaste. Il vendolismo, degenerazione intellettualoide del berlusconismo, sarà l’ultima parabola discendente di uno Stato in panne e politicamente a terra.
mercoledì 1 dicembre 2010
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