Luca Telese, cioè io, contro Giuseppe Cruciani, sul palco del Festival del giornalismo, duellando sul tema: giornalismo di destra, giornalismo di sinistra. Ho letto che alcuni commenti, in rete, dicono: avete discusso troppo di politica. E’ possibile. Ma è una conseguenza della prima legge di Tetris. Lo spettacolo si è mangiato l’informazione, l’informazione si è mangiata la politica, e il Bunga Bunga, se possibile, si è mangiato tutto quello che restava. Lo dico perché, a costo di scontentare i puristi, non si può fare questo dibattito senza citare Berlusconi. E senza parlare del potere, oggi in Italia, di quello politico e di quello economico, e di come pesano sulle nostre teste. Ho un ricordo bello e un po’ delirante di questa giornata, e anche una percezione paradossale del rapporto che ho con Cruciani. Siamo amici, ci stimiamo, ma la vediamo in modo assolutamente diverso. Siamo andati a pranzo con la nostra famiglia allargata (la banda di Current con in testa le sue fantastiche amazzoni e il director Tessarolo), e già a fine pasto siamo precipitati nei prodromi della sfida. Sfottevo Cruciani dicendo che aveva messo la redazione a lavorare. Io scherzavo, ma intanto aveva un fascicolo in mano, che brandiva con ironica minaccia.
Forse tutti pensavano che avrei iniziato con una filippica in difesa del giornalismo di sinistra. Ho detto il contrario. Che il giornalismo di destra in Italia può piacere o meno, ma con Guareschi, Longanesi e Montanelli nasce come antipotere. Nasce corsaro, fin dai tempi di Mussolini (quello dell’Avanti). Poi viene avvelenato e mutato geneticamente dal conflitto di interessi. Dopodichè è iniziato un duello così serrato che il tempo, le argomentazioni, la polemica, hanno fatto girare la lancetta del tempo al doppio della percezione interiore. Qualcuno ha scritto: molto più elegante Severgnini. Chi l’ha scritto si merita Severgnini. Luca Sofri ha scritto: una generazione di giornalisti giovani (i babbioni blasonati non sono venuti) ha riempito i teatri. Il mio amico Zoro, ha detto, con l’autoironia che lo contraddistingue: “Ahò, ma non è che qui finisce che ci crediamo rockstar?“. Io penso un’altra cosa: un dibattito come quello di sabato non poteva essere condotto in modo felpato, perchè la dialettica che sottointende è vera, e non è conciliabile. Ma adesso me lo riguardo, ve lo guardate pure voi, e mi dite cosa ne pensate.
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