Vietare il burqa non aiuta a liberare le donne: "Burqa e niqab sono “contrari ai valori della Repubblica”. Così si legge nel documento della commissione parlamentare francese che ha suggerito di vietare alle donne di indossarli nei luoghi e nei servizi pubblici. Da noi hanno applaudito soprattutto esponenti della Lega e pochi altri, compresa la ministra Carfagna che è partita all’attacco nel nome della liberazione delle donne. La questione può essere letta da vari punti di vista e portare a conclusioni diverse. Per questo credo che anche negli ambienti più laici e liberali la questione meriti una riflessione approfondita.
Primo punto fermo per me è che il burqa è una prigione, una forma violenta di sopraffazione maschile, un modo per annientare la personalità della donna, per farla scomparire, nasconderla, negarle l’identità. È certo che rappresenta una tradizione e che ha poco a che fare con la religione. Nel mondo occidentale certamente essa contrasta coi principi dell’eguaglianza e della pari dignità fra uomini e donne. Ma io sono convinta che la scelta del divieto per legge sia sbagliata perché non aiuterebbe le donne nell’emancipazione. Anzi, ne rafforzerebbe la segregazione all’interno della famiglia. L’uomo che obbliga la moglie al burqa sarebbe così facilmente disposto a concederle di uscire senza?
Il paragone con la situazione francese tiene fino a un certo punto. La Francia ha una legge sulla laicità da più di un secolo, nel 2004 ne è passata un’altra che vieta di indossare simboli religiosi a scuola, il termine laicità compare nella Costituzione. In Italia, dove peraltro non mi risulta che l’uso del burqa sia così diffuso, la laicità e la libertà femminile non sono proprio gli elementi più condivisi e sostenuti nella destra. Allora, il problema non esiste? Certo che esiste; ma la via, che non ha alternative, e che trovo più efficace è quella di utilizzare tutte le norme già esistenti, come la legge del 1975 che prescrive di essere e identificabili nei luoghi pubblici e affidare il resto a ulteriori regolamenti della Pubblica amministrazione. Tra l’altro, c’è da sottolineare che una legge di divieto non avrebbe senso senza una sanzione (alcune proposte prevedono addirittura l’arresto!), che in questo caso sarebbe doppiamente punitiva nei confronti delle donne. I comportamenti delle giovani, che arrivano a ribellarsi alle famiglie tradizionali, purtroppo talvolta anche a costo della vita, sono la prova che si può lavorare su un processo intelligente di integrazione che comprenda le donne e il loro bisogno di liberazione. Occorre puntare sull’educazione anche degli uomini, sul dialogo con l’associazionismo islamico e sulla scuola, con regole certe su diritti e doveri delle persone immigrate. Ma prima di tutto bisogna abbandonare la cultura della demonizzazione degli immigrati e avere comportamenti più inclusivi."
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