sabato 21 agosto 2010

C’è la crisi, non per i profitti

C’è la crisi, non per i profitti: "

C’è la crisi, l’occupazione è in sofferenza, le imprese sono costrette a ristrutturare e a rivedere piani strategici ma i profitti non mancano. Le imprese rivedono l’utile e spesso è un utile rilevante. Lo si desume andandosi a spulciare i dati delle “semestrali“, cioè i dati di bilancio dei primi sei mesi dell’anno che le aziende quotate in borsa rendono noti al pubblico per convincerlo a investire. E dalla disamina che ne abbiamo fatto il dato è chiaro e lampante, per le principali imprese italiane, tranne qualche eccezione come vedremo, gli affari vanno bene, la crisi sembra solo un problema di dimensioni ma nell’immediato il nero è il colore che si staglia in calce ai bilanci.

Certo, non tutti brindano come la società Autogrill che registra un aumento degli utili dell’81,6% in sei mesi, ci sono anche i titoli del settore cementiero, come Buzzi Unicem o Italcementi che sono in difficoltà con flessioni dell’87,4% il primo e -35% il secondo. Però una società come Fiat, nota per la sua volontà di ristrutturare non solo l’azienda ma anche il sistema contrattuale e le relazioni sindacali, vede gli utili assestarsi a + 92 milioni di euro a fronte del rosso di 590 milioni dell’anno scorso. La società concessionaria delle autostrade, Atlantia, registra un +5,5% che sembra poca cosa e che poggia anche sul rincaro delle tariffe. A2A, società di utilities che fa affari con l’acqua di Milano e Brescia registra un balzo dell’utile netto pari all’87% anche se i ricavi crescono solo dell’1,7%. Interessante notare anche cosa accade nel settore maggiormente colpito dalla crisi finanziaria, banche e assicurazioni: Generali segna un + 73% mentre Unicredit si muove intorno a un utile semestrale di circa 800 milioni di euro che gli analisti prevedono possa toccare l’1,8 miliardi alla fine dell’anno.

Se poi passiamo ai settori maggiormente redditizi e garantiti nel mercato mondiale, cioè energia e telecomunicazioni, ci troviamo di fronte a risultati più o meno straordinari. Eni segna un +29,5% raccogliendo, in sei mesi, 3,45 miliardi di utili, Enel sale del 10% con utili pari a 2,4 miliardi, Telecom, che vede ridurre di poco meno dell’1% i suoi ricavi – e che sta licenziando a mani basse – registra utili pari a 1,4 miliardi in crescita del 26%. Ottime notizie per Snam Gas con utili in crescita del 133% oppure la società di distribuzione elettrica Terna con un + 26%. A ridere, ovviamente, è anche la società televisiva del presidente del Consiglio, Mediaset, che sembra superare la crisi della raccolta pubblicitaria e vede ricavi in aumento del 16% e utili a + 33,7%.

Ma non è solo l’Italia a registrare questa situazione. L’utile arride anche alle principali imprese e multinazionali mondiali. E’ noto il ritorno al profitto per General Motors che in sei mesi ha superato i 2 miliardi di dollari di utile, oppure il buon andamento di Bmw (+ 1,3 miliardi), di Walt Disney, di Gdf Suez, delle banche britanniche Rbs o Barclays (+ 3,4 miliardi), Deutsche Telekom (1,71 miliardi) o la francese Societé Generale (con una crescita di 300 milioni).
Utili, insomma, come se piovesse. Non è così per quanto riguarda l’occupazione. In sei mesi non è stato creato nessun posto di lavoro e nessuna novità positiva si intravede all’orizzonte. Tanto che le borse iniziano a girare al ribasso e le prospettive diventano oscure. E’ una logica ferrea, sempre la stessa: quando arriva la crisi, si licenzia e si ristruttura poi, al primo raggio di sole, i profitti salgono alle stelle ma per il lavoro non c’è alcun dividendo. Ma di questo la politica non si interessa mai.

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