lunedì 23 agosto 2010

Cossiga, un politico di grande cultura

Cossiga, un politico di grande cultura: "

Uno dei migliori teologi viventi, papa Ratziger, dopo una lungo dialogo in tedesco con Francesco Cossiga, vertente su S. Agostino ed i padri della chiesa, ebbe a dire: “Lei e’ un grande teologo”.

Bisogna partire da qui, per comprendere un uomo, la cui complessita’ non ha permesso di forgiargli un profilo definito.


Francesco Cossiga, prima che un politico, era un grande uomo di cultura. Cultura umanistica, ma poliedrica, costruita e limata nelle sue notti insonni.


Un uomo sofferto e di grande incisività vitale. Tanto da salire velocemente gli scalini delle istituzioni, per coprire incarichi di elevatissima responsabilita’.


Qualcuno dice che la DC, quando si trovava in difficolta’, per diatribe nelle sue correnti, ricorreva a lui. Uomo al di fuori di logiche di parte, anche se la sinistra del partito lo ha sempre annoverato nelle sue fila.


Cossiga ha esercitato i suo ruoli istituzionali, in momenti drammatici della nazione ed in momenti di grosso cambiamento.


Gli anni di piombo, che dalla meta’ degli anni ‘70 fino agli inizi degli ‘80, hanno funestato l’Italia, lo hanno visto in prima linea. Da ministro degli interni e da presidente del consiglio.


E lui, lacerato dalla triste storia del suo amico e maestro Aldo Moro, partecipe davanti alla caduta del muro di Berlino, ha continuato a coltivare l’amore per gli studi. E soprattutto ad alternare i suoi stati d’umore. Di cui ne parlava, arrivando a definirsi ironicamente un “depresso allegro”.


Francesco Cossiga deve la sua fama alla sua carriera politica, ma deve la sua popolarita’ alla sua carica istituzionale di presidente della Repubblica. Un carica che negli ultimi anni del mandato, ha ricoperto quasi in stile presidenzialista.


I suoi interventi caustici, lo hanno fatto arrivare alla soglia dell’impeachment. Ma quelle picconate sono materia per storici. E materia per storici e’ l’intera vita di Francesco Cossiga, per la sua poliedricità e complessita’. Ora, siamo ancora troppo prossimi alla contemporaneita’.


Per averne prova, basta aver letto gli articoli sulla sua persona in questi giorni. Sono stati di una tale eterogeneità, che sembra che ognuno abbia colto solo un frammento di un mosaico ben ampio.


Molti si sono detti amici intimi di Cossiga, e tanti si sono trovati ad esserlo. Perche’ Cossiga riusciva ad intrattenere rapporti molto forti, dovuti a quella carica umana che emergeva nel privato. Nel pubblico, invece, sembrava recitasse la parte del burbero ironico. Una contraddizione anche questa.


In questo intervento, mi sono proposto di sottolineare l’eclettismo di un uomo, che ha saputo essere statista con uno stile unico. Passando da momenti drammatici a momenti in cui faceva di tutto per non farsi prendere sul serio. Perche’ aveva capito che la vita e’ una commistione di liturgia e prosaicita’, ortodossia e levita’.


Ora ci rimane quel viso sornione e l’eco di quel marcato accento sardo. Ma del suo pensiero piu’ intimo non sapremo mai nulla. Francesco Cossiga amava il mistero e se ne e’ andato in punta di piedi. A riposare nella citta’ che lo ha visto chierichetto e poi salire nello scranno piu’ alto di questa Repubblica. Addio, caro presidente.

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