La scorsa settimana ho dovuto avventurarmi tra le vie di Hannover per raggiungere una conferenza stampa. Google Maps è come noto un Tuttocittà mondiale di straordinaria efficacia. A parte l’ira suscitata tempo fa in qualche cartografo, il programma non è ancora finito nel tritacarne politico anti-Google.
Si dà il caso, però, che la visione aerea delle vie non mi aiutasse un granché nel rintracciare effettivamente la destinazione. Nella mia città, Torino, ogni qual volta abbia bisogno di verificare dove si trovi quel determinato numero civico o che aspetto abbia il palazzo presso il quale devo recarmi, Google mi offre anche il servizio “Street-View”. Qui in Germania Street-View ha incontrato molti ostacoli e sta provocando ormai da qualche settimana un’ondata di polemiche, a mio avviso del tutto ingiustificate. Nell’ordine il ministro della Giustizia, la liberale (sic) Sabine Leutheusser-Schnarrenberger e la cristianosociale Ilse Aigner hanno frontalmente attaccato la società di Mountain View per la natura lesiva del programma in termini di diritto alla riservatezza: “Il privato viene trascinato in pubblico, senza alcuna possibilità di difendersi e senza che nessuno possa controllare lo sviluppo di un tale sistema”, ha commentato indignata la signora Aigner.
Non starò a citare la contraddittorietà di un governo, che pretende di agire in nome della riservatezza dei propri cittadini, acquistando cd rubati contenenti i numeri di contocorrente di presunti evasori fiscali, così come non intendo citare tutte le leggi approvate negli ultimi anni nella Repubblica federale che hanno brutalmente ridotto la privacy dei cittadini. Dal salvataggio di tutte le conversazioni telefoniche a fini penalistici, allo sguinzagliamento di Trojan informatici per individuare terroristi. Non lo farò. Sarebbe da polemichetta spicciola.
Ora, “Street-View” è un servizio, il cui fine è quello di rendere più agevole l’esistenza a migliaia di consumatori. Google stessa provvede a coprire il numero delle targhe e a rendere irriconoscibili i volti dei passanti. Vietare che un’automobile filmi e metta in rete immagini di una città avrebbe conseguenze logiche devastanti. Google no, ma foto e filmati messi online da semplici cittadini sì? Vietiamo di fotografare i palazzi delle città? Prima di scattare una foto, chiediamo a chi è intorno a noi di scansarsi dall’obiettivo? Conosco l’obiezione. Google ha un raggio potenziale di visitatori infinitamente superiore a quello che può avere un filmato amatoriale. Verissimo, ma ciò non cambia i termini della questione. Il fine perseguito da Mountain View è più che lecito. Laddove vi siano reclami, l’azienda stessa mette in bella vista indirizzo e numero di telefono del servizio-clienti. Io stesso, lo ammetto, sono rimasto piuttosto scosso, quando, sperimentando per la prima volta il programma, ho scoperto che parte degli interni di camera mia (in quanto al pian terreno) erano stati accidentalmente immortalati dalla telecamerina. Ebbene, ciò detto, non mi sono stracciato le vesti, né mi sono rivolto a chissà quale associazione dei consumatori perché prendesse le mie difese. Mi sono limitato a scrivere a Google, pregando che l’immagine venisse sfocata. Detto, fatto. Qualche giorno più tardi, il servizio clienti mi ha gentilmente avvisato che il fotogramma era stato addirittura rimosso.
Nella società di Internet pensare che l’accesso a nostri dati possa essere riportato agli standard di fine ottocento è folle ed è sinonimo di passatismo. Piuttosto è opportuno concentrarsi sulla trasparenza nell’utilizzo che di quei dati può essere fatto. Dire che Street-View è un regalo ai ladri d’appartamento è un po’ come sostenere che i palazzi di trenta piani rappresentano un incentivo al suicidio.
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