La Rete si mobilita per portare solidarietà all'Ong
di Federico Mercuri
Prima l'arresto con le accuse di partecipazione a un presunto complotto per uccidere il governatore della provincia di Helmand, poi le indiscrezioni sulla confessione di uno degli arrestati, infine il passo indietro e la smentita delle autorità afgane sulle confessioni stesse. La situazione che vede coinvolti i tre operatori italiani dell’ospedale di Emergency in Afghanistan resta alquanto ingarbugliata.
Dell’ultima ora la smentita sulla confessione di uno dei tre fermati a Laskhar Gah. Dopo che la notizia era stata fatta filtrare domenica, il portavoce del governatore di Helmand, Daud Hamadi, ha affermato di esser stato citato in modo sbagliato dal "Times", per quanto riguarda il legame fra i tre e Al Qaeda. Quanto alla presunta confessione, il portavoce ha precisato di aver parlato solo di collaborazione alle indagini da parte di uno degli arrestati, Marco Garatti. Il giornalista del quotidiano inglese, Jerome Starkey, ha tuttavia confermato il virgolettato che aveva riportato, sottolineando di aver addirittura richiamato il portavoce per farselo confermare.
L'unica certezza per ora, è che resta in piedi l'accusa ai tre italiani e agli altri sei arrestati afghani di essere parte di un complotto ordito dai talebani per assassinare il governatore Goulab Mangal. Ma le accuse non finiscono qui. Le autorità afghane, citate questa volta dalla CNN, sostengono che i tre italiani avrebbero ucciso nel 2007 l'interprete dell'inviato di Repubblica Daniele Mastrogiacomo, Adjmal Nashkbandi. Il governo afghano, cui spetta la decisione su un eventuale trasferimento dei detenuti a Kabul, ha fatto sapere di non potersi pronunciare in alcun modo perché l'indagine è in corso.
Gino Strada, fondatore di Emergency, sembra avere invece le idee molto chiare e lo afferma sul blog di Beppe Grillo: «Il quadro resta quello che avevamo delineato già il primo giorno. Si tratta di una aggressione all'ospedale di Emergency. Un'operazione messa insieme, preparata, premeditata e studiata per togliere di mezzo un testimone scomodo delle atrocità della guerra». La ragione è molto semplice aggiunge Strada: «Non si vuole far sapere ciò che avviene lì. Non a caso non c'è un solo giornalista che possa seguire le operazioni della più grande campagna della Nato - così l'hanno definita loro - degli ultimi decenni e si vuole togliere di mezzo un ospedale che è poi quello che riceve le vittime di quella campagna. E siccome per il 40% i feriti sono bambini, la cosa secca un po', si preferisce cercare di far credere all'opinione pubblica che si è lì per portare la pace e la democrazia e che casomai si colpisce qualche pericolosissimo terrorista».
Non è la prima volta che si vuole colpire l’ospedale, afferma il fondatore della ong. Quando fu rapito il giornalista di Repubblica Daniele Mastrogiacomo, davanti all’ospedale di Emergency ci furono le stesse manifestazioni di protesta che ci sono ora. «Fanno parte della propaganda – sostiene Strada nel corso della registrazione della trasmissione di Fabio Fazio "Che tempo che fa" - in Afghanistan non ci vuole molto, non serve nemmeno pagarle, basta andare da una cinquantina di persone e dire loro: andate a far casino in quel posto». Mastrogiacomo si dice infatti «sbalordito» delle accuse riportate dalla CNN. Secondo il giornalista di Repubblica i tre italiani forse non erano neppure lì nel periodo del suo rapimento. «Io sono stato nell’ospedale solo per poche ore e non mi ricordo di loro». Ma di una cosa il giornalista è certo: «Da lì sono partito con un convoglio mentre Adjmal è partito con un altro e ci siamo salutati dicendoci che ci saremmo rivisti presto. Eravamo sicuri di esserne usciti indenni. Ma poi lui è stato nuovamente catturato lungo la strada e a catturarlo sono stati i talebani. Poi aggiunge «Gli operatori Emergency sono quelli che hanno trattato per la nostra liberazione. Voglio ricordare che subito dopo il nostro rilascio, le autorità afghane tennero in carcere per tre mesi Ramatullah Anefi, che svolse il ruolo di mediatore con i rapitori, accusandolo di essere il mandante del sequestro e di averci incontrati per tre volte durante la nostra prigionia, cosa assolutamente falsa perché io lo vidi solo il giorno della mia liberazione».
Nessuna notizia dei tre se non quella proveniente dall’ambasciatore italiano in Afghanistan sulla bontà del loro stato di salute e gli stralci del testo di una e-mail che Matteo Dell’Aira ha inviato alla moglie prima dell’arresto. «Qui siamo sempre pieni. Ultimamente è impressionante l'età media dei nostri pazienti. Oggi siamo andati in terapia intensiva per il giro, 5 letti su 6 sono bambini piccoli, due dei quali piangevano come dei matti perché volevano il loro papà. Non è mai facile sopportare il pianto di un bambino». La lettera letta dall’inviata di Sky Tg24 si chiude con un «vorrei che tu fossi qui perché alcune cose bisogna vederle con i propri occhi, altrimenti stenti a crederci». Nel frattempo Emergency si sta mobilitando per una manifestazione nazionale prevista per sabato 17 aprile a Roma, iniziativa accompagnata da una raccolta firme sul sito della Ong, che ha già raggiunto quota 30mila aderenti e l'adesione di esponenti della società civile come Gabriele Salvatores, Gad Lerner e Claudio Magris.
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lunedì 12 aprile 2010
Emergency sotto attacco:
verità e bugie
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