domenica 18 aprile 2010

Dove va la Cina?

http://www.loccidentale.it/articolo/dove+la+cina%3F+ce+lo+dir%C3%A0+la+demografia.0089426


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L’attivismo di Pechino in Africa è noto. Il continente nero dispone di materie prime e di risorse energetiche che all’economia cinese in crescita fanno molto comodo. Di conseguenza, i Cinesi si sono trovati nella necessità di dover fornire sicurezza al loro naviglio che viaggia da e per l’Africa, e pertanto hanno deciso di impegnarsi a fondo nelle operazioni di contro pirateria. La Cina non solo partecipa all’operazione internazionale al largo del Corno d’Africa ma sta seriamente pensando a realizzare una base logistica nel Golfo di Aden per meglio supportare le proprie navi.

Ma i mari caldi non sono gli unici a suscitare l’interesse di Pechino. Il Mar Glaciale Artico (sempre più Artico e sempre meno glaciale), con i passaggi a Nordest e a Nordovest in fase di progressiva apertura, rappresenta una priorità strategica per i Cinesi, che fin dal 2008 hanno chiesto e ottenuto di diventare osservatori nell’ambito del Consiglio Artico, il club dei Paesi che su quel mare si affacciano. Il 5 marzo scorso un ammiraglio cinese, Yin Zhuo, ha rincarato la dose dichiarando all’agenzia di notizie Xinhua che i cinque Paesi che possiedono acque territoriali nell’Artico (Stati Uniti, Russia, Canada, Danimarca e Norvegia) non hanno su quell’area più diritti di quanti ne abbia la Cina.
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Su tutto questo attivismo cinese pesa però un’incognita che potrà frenare gli attuali progetti: la demografia. Il sovrappopolamento è visto come un fardello dalle autorità di Pechino, che hanno tentato di porvi rimedio nel modo apparentemente più logico: limitare le nascite consentendo alle famiglie di crescere un solo figlio. La cosa, però, ha avuto una serie di conseguenze a catena, tutte negative. La prima è stata la preferenza, da parte della maggioranza delle famiglie, per i figli maschi. Ciò ha comportato la triste pratica degli aborti selettivi, che sta generando, come conseguenza delle conseguenze, una popolazione con una forte maggioranza di vecchi e di maschi. Si prevede un surplus di 20 milioni di maschi nel 2030, quando la società cinese sarà caratterizzata dalla formula del 4-2-1, ovvero quattro nonni che hanno due figli e un solo nipote, e su quell’unico nipote graverà tutto l’onere previdenziale e pensionistico per i suoi due genitori e i quattro nonni. La società pertanto sarà sempre più attempata, la vecchiaia del Paese frenerà la crescita economica e il tutto si rivelerà socialmente e finanziariamente insostenibile. E come se tutto questo non bastasse, si prevede che lo sbilanciamento di genere a favore della componente maschile causerà un notevole aumento della criminalità, un fenomeno che già si manifesta con virulenza nei tessuti urbani delle megalopoli cinesi.
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Molti giornali locali definiscono la situazione sociale come una bomba a orologeria. Yu Jianrong, un noto accademico, ha pronunciato un severo e preoccupato discorso (ampiamente diffuso via Internet) sulla situazione sociale, in cui prevede che se questi “incidenti di sfogo” -come lui li definisce- continueranno in modo selvaggio e imprevedibile, la situazione potrà tramutarsi in una “massiccia catastrofe sociale”.

Tutto questo potrebbe comportare, fra l’altro, anche un aumento della diaspora cinese a cominciare dalle aree più prossime, come la Siberia, che costituisce un caso assai delicato. Negli ultimi vent’anni (come sottolinea anche il rapporto “Joint Operating Environment (JOE) 2010” edito dal Joint Forces Command USA il 15 marzo scorso) la popolazione cinese in Siberia è andata numericamente aumentando e si è trasformata da pendolare a stanziale, conquistando progressivamente la maggioranza in numerose città, province e distretti, grazie anche al fatto che nelle stesse zone la popolazione russa tende a diminuire drasticamente. Infatti mezzo milione di Russi, vale a dire l’8% dell’intera Siberia, se ne sono andati nell’ultimo decennio, sostituiti da un milione di Cinesi non vincolati dalla politica pechinese del singolo figlio per nucleo famigliare. Potendo sfornare una decina di figli per famiglia, i Cinesi siberiani, che oggi ammontano quasi al 12% della popolazione abitante fra gli Urali e Vladivostok, è facile capire dove potranno arrivare nel giro di una o due generazioni. E se a quel punto i Cinesi siberiani chiederanno l’autodeterminazione (principio che i Russi odiano nel caso del Kosovo ma amano nei casi di Abkhazia e Ossezia del Sud), è facile prevedere di quale colore diventerà la Siberia. E risulteranno anche chiari i motivi dell’elevato interesse che la Cina ha manifestato per l’Artico dal 2008 in poi.

Sullo sfondo di tutto questo resta il dilemma di Taiwan. Alle prese con problematiche sociali interne di grave entità, insisterà Pechino nel perseguire l’obiettivo, mai dimenticato, della riunificazione di tutta la madrepatria annettendo militarmente Formosa? A parte i costi politici, bellici e finanziari di un’operazione del genere, ci sono buone probabilità che l’annessione dell’isola possa avere come conseguenza l’inarrestabile diffusione degli ideali democratici nella Cina continentale. Inoltre, come fa notare il citato rapporto “JOE 2010”, sarà molto difficile che il partito comunista cinese possa impadronirsi dei cuori e delle menti di una popolazione altamente benestante, istruita e tecnologicamente avanzata come quella taiwanese. Al contrario, sarà più probabile che lo stile di vita di Taipei si diffonda sulla terraferma. In altre parole, un eventuale tentativo di annettere con la forza Taiwan potrebbe rivelarsi il peggiore affare possibile per Pechino, in quanto realizzerebbe, sì, il mito di “una sola Cina”, ma quell’unica Cina finirebbe per chiamarsi Taiwan.

1 commento:

  1. Un commento finale: ma chi lo dice che questi "sino-siberiani" vorranno tornare alla madrepatria? Magari, come hanno fatto negli ultimi 200 anni i "sino-americani" vorranno restare li e si integreranno con la società locale. O, magari, come i figli ed i nipoti dei cinesi nazionalisti fuggiti a Formosa si sentono oggi "Taiwanesi" e non "Cinesi Nazionalisti", loro si sentiranno, semplicemente, "Siberiani"...

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