Nel profluvio di dichiarazioni sulla TAV di questi ultimi giorni, merita forse sottolinearne un paio. La prima è di Rainer Masera, il presidente della Cig (conferenza intergovernativa italo-francese), che ha dichiarato a MF Dow Jones:
“la linea dell’alta velocità tra Torino e Lione potrà e dovrà essere il cantiere più grande d’Europa, i costi saranno notevoli e occorrerà tenerli sotto controllo ma ci sono elementi di flessibilità per i finanziamenti, grazie al fatto che si può procedere per lotti costruttivi”;
“si tratta di un’opera transeuropea fondamentale tanto che anche la Corte dei Conti ha adattato le proprie regole per permetterne la costruzione”.
Il Presidente della CIG sembra mettere la mani avanti, prefigurando uno scenario assai preoccupante sotto il profilo dei costi di costruzione che, è facile prevederlo, a consuntivo saranno molto più elevati di quelli a preventivo. E’ quasi la norma, per le infrastrutture ferroviarie: uno studio di qualche anno fa del danese Bent Flyvbierg ha mostrato come, in media, i costi reali superano di quasi il 50% quelli a preventivo mentre i traffici sono inferiori alla metà di quelli stimati inizialmente. In Italia, come dimostra il caso della rete AV, il fenomeno assume poi contorni patologici con scostamenti superiori al 100%.
Inoltre, come hanno spiegato Andrea Boitani e Marco Ponti su lavoce.info, la possibilità di procedere per “lotti costruttivi” e non, come previsto in precedenza, per “lotti funzionali”, significa aumentare di molto il rischio che si realizzino tratte di infrastrutture che saranno inutilizzabili magari per decenni.
Considerati poi i rilievi che la Corte dei Conti ha avanzato negli scorsi anni a proposito delle acrobazie finanziare legate alle grandi opere, la notizia di un “adattamento” (ammorbidimento?) delle regole non può che destare ulteriore preoccupazione.
Il secondo intervento che merita attenzione è quello dell’ad della Fiat, Sergio Marchionne, secondo il quale:
“l’Alta Velocità rappresenta la più grande occasione che l’Italia ha per modernizzare la propria rete infrastrutturale e per porre le basi dello sviluppo economico che lasceremo alle prossime generazioni”
Potrebbe sembrare a prima vista curioso che un costruttore di automobili sia così entusiasta di un progetto che dovrebbe avvantaggiare la concorrenza. Di norma, accade il contrario. Quando lo Stato concede aiuti alla Fiat, sono, non troppo coralmente a dire il vero, gli altri settori produttivi che si lamentano del provvedimento. In questo caso la Fiat sarebbe disposta a “sacrificarsi” per il bene superiore del Paese? Probabilmente le cose stanno diversamente. In Fiat sanno benissimo che l’alta velocità non ridurrà in alcuna misura apprezzabile l’utilizzo e la vendita di auto. Strada e ferrovia sono due modi di trasporto in larga misura non in concorrenza: due vasi non comunicanti. L’esperienza francese dell’AV è in tal senso illuminante: la più estesa rete europea non ha avuto alcun impatto sull’evoluzione della domanda di trasporto su strada.
Dall’altro lato, c’è un evidente interesse della casa torinese alla possibilità di far parte, come già accaduto per altre tratte dell’AV, del consorzio di imprese che realizzerà i lavori della Torino – Lione. Imprese per le quali la prospettiva di una lievitazione dei costi appare tutt’altro che disprezzabile. Non sarà per caso che quello che (si dice) va bene per l’Italia in realtà va bene per la Fiat?
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