Più che i ghiacciai, a sciogliersi sempre di più, sotto il sole cocente degli scandali, sono le panzane catastrofiste che sul clima alcuni scienziati continuano a propinarci. Nell’ultima settimana, in particolare, c’è stata una escalation di notizie, ma sarebbe più corretto parlare di fatti concreti, che quanto meno meriterebbero un bel “mea culpa” da parte dei profeti di sventura. Ecco le notizie: Rajandra Pachauri, presidente della Ipcc, la commissione Onu sul clima, (ma lui, come riportato in un’inchiesta del Daily Telegrap) è anche consigliere di amministrazione e direttore di numerose società che fanno affari anche con i combustibili fossili, vedi Tata Group), ha dovuto candidamente ammettere che il paventato scioglimento dei ghiacciai dell’Himalaya, previsto nel 2035, era frutto di un errore di calcolo. “Ci siamo sbagliati su una cifra, è vero”, ha detto Pachauri, aggiungendo però che “questo non toglie nulla alle prove scientifiche sul riscaldamento del pianeta”. Sapete qual è la cifra sulla quale si sono sbagliati? Lo scioglimento dell’Himalaya è previsto non per il 2035, ma per il 2350, come rivelato dalla rivista Nature (il tutto è stato raccontato in un articolo di Repubblica a firma Elena Dusi). Sui calcoli, del resto, cosa volete che siano 300 anni in più o in meno? Ora, a parte che è lecito dubitare che anche il 2350 sia una data presunta e non si sa in che modo spiegabile scientificamente, ma quello che sconvolge di più è che Al Gore, proprio recitando il rapporto Ipcc del 2007 (“I ghiacciai dell’Himalaya si scioglieranno più rapidamente che nel resto del mondo e potrebbero scomparire del tutto entro il 2035 o addirittura prima”) si è portato a casa il premio Nobel (insieme alla commissione clima dell’Onu). Insomma, sparar panzane ha fatto intascare ad Al Gore (non che ne abbia bisogno) 1 milione di dollari, oltre a far salire il suo cachet per interventi pubblici in salsa catastrofista.
Evitando di tornare sulla questione delle e-mail rubate, che hanno smascherato le sirene allarmiste degli scienziati, c’è un altro tema che è tornato alla ribalta. Il buco dell’ozono. Ricordate gli scienziati che gridavano alla catastrofe, sostenendo che il sole, in soldoni, ci avrebbe “bruciato” tutti quanti a causa delle radiazioni ultraviolette non filtrate dall’ozonosfera? Bene, ora che il buco si sta richiudendo, gli scienziati hanno rigirato la frittata. Hanno spiegato: ci eravamo sbagliati, il buco dell’ozono contribuiva a proteggere l’Antartide dallo scioglimento dei ghiacci, ora che si sta richiudendo il rischio di scioglimento aumenta. (http://www.tio.ch/aa_pagine_comuni/articolo_interna.asp?idarticolo=525775&IDSezione=16&idsito=129&idtipo=410).
La domanda, semplice, sorge spontanea: per il bene di tutti e del pianeta (e non solo delle tasche di chi lucra sugli allarmismi): quand’è che si riuscirà ad avere un dibattito serio sul clima, che inneschi di conseguenza prese di posizioni serie?
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