lunedì 5 aprile 2010

Emanuele Filiberto uno di noi

Emanuele Filiberto uno di noi: "

di Andrea Aloi



Quando le escort si chiamavano dignitosamente puttane, i cucitori di asole non erano ancora diventati stilisti e i lavoratori occasionali venivano pagati di più proprio perché saltuari, insomma, quando l’Italia era ancora un Paese serio, per ritrovarsi davanti la faccia di un Savoia bisognava palpeggiare indolenti tra le riviste dalla parrucchiera. Vi spuntava spesso Vittorio Emanuele, quello stempiato-ondulato con gli occhiolini azzurri, fisicone moscio da fancazzista bizzoso, un ideal-tipo di nobiluomo killer di contadini e dissenzienti che avrebbe fatto la sua porca figura tra i Romanov massacrati a Ekaterinburg (per dire del gentile aspetto e della perfetta morte sua, come la puntarella con l’alice o il bagnetto verde col lesso). E insieme a lui Marina Doria Cadonett, consorte affabile come un punteruolo da ghiacchio tra la sesta e la settima vertebra. Svizzera, Corsica e annesse sparatorie, chiacchiere, matrimoni reali, baldovini, borboncini, toilettes: tutto molto rotocalco e socialmente accettabile, in qualcosa il Savoia e signora sapevano rendersi utili, ti trastullavano mentre languivi sotto il casco tempestata di bigodini. La fine dell’esilio ha consegnato ai sabaudi un ruolo diverso che interpella i residui della nostra coscienza. A differenza dei Savoia Aosta che sono storicamente persone decenti e fiere, questi qui del ramo Carignano hanno dente canino ben smerigliato, rivendicano restituzioni subendo pernacchia di Stato, trafficano, interessano i procuratori. Il figlio di ampia mascella Emanuele Filiberto, poi, nonostante sia nato a Ginevra, abbia due figlie a Ginevra e un mestiere di finanziere a Ginevra, piroetta sui testicoli nostrani al di qua del confine. Attenti, c’è della logica in questa vertigine di nonsenso che ha condotto ai fasti del prime time il molesto nipote del travicello che firmò le leggi razziali. Il principesso Emanuele Filiberto è un perfetto arcitaliano: si candida alle politiche una prima volta in liste equivoche, danza e canta e presenta in tv, seduce il sottoproletariato culturale di massa. Ha nell’esibizionismo intemperante e scadente un luminoso futuro, perché la funzione di eletto del popolo si esercita ormai nello stesso identico modo tra Camere e telecamere. Scriveva quel buontempone di Leopardi che noi peninsulari avremmo, per riscattarci, un sentimento da riscoprire ora e subito: la vergogna.



Da il Misfatto del 4 aprile

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