Filippo Facci su Libero del 22 gennaio 2009
E’ difficile spiegare la vergogna personale che ho provato ieri nel leggere «La vera storia di Emma» pubblicata in prima pagina su Libero, perché il mio non è propriamente un dissenso: non si tratta di opporre una «opinione» a un’altra, non c’entra il giochino stucchevole del pro & contro, il libero pensiero, la democrazia eccetera. Io penso, sinceramente, che certa roba non dovrebbe trovare dignità di pubblicazione e basta, tantomeno in un giornale che ospita, pure, opinioni molto diverse e tra queste le mie. Tremo all’idea che questo genere di giornalismo possa far parte della prossima campagna elettorale per le regionali, come lo stesso articolo auspica: per poi magari, Libero e dintorni, accusare altri di fomentare odio.
L’articolo di Andrea Morigi oltretutto non è neanche un’«opinione» confinabile come tale: era un articolo, e apriva il giornale. Per scoprire che cosa? Che «la candidata del Pd» Emma Bonino (candidata della Lista Bonino-Pannella, a esser precisi) «praticava aborti e se ne vantava», «ha una storia personale dimenticata», «negli anni ‘70 aspirava feti con la pompa delle biciclette e li gettava nella spazzatura», dopodiché il linguaggio si fa definitivamente messianico e si ritrae il mostro, la Bonino, «curva nell’atto di strappare la vita a un bambino», «uccidere il figlio che portavano in grembo», perpetrare «eccidi di milioni di italiani che l’anagrafe non ha potuto nemmeno registrare, tanto mica votano».
Il linguaggio è quello sentimentalistico e asseverativo di chi dubbi non ne ha, e non c’è legge o dibattito o scienza che possano sfumarlo: «bambino» e «figlio in grembo» – che sarebbero il feto entro i 90 giorni di vita – sono termini che hanno già deciso anche per noi, i quali dobbiamo solo valutare se stare dalla parte «della vita» o dalla parte degli «assassini». Io e qualche milione d’italiani, probabilmente, non ci sogneremmo mai di spiegare agli altri dove cominci o finisca la vita: ma dovremmo accettare di farcelo imporre da Andrea Morigi e dalle convinzioni religiose – neanche politiche – di chi si richiama alla «scienza» solo quando serve. Ecco, vorrei sapere se questa è la posizione di Libero.
Ho scritto «assassini» perché il mio collega, nell’incredibile modo che segue, giunge ad auspicare la ventura strategia politica del centrodestra: siccome – scrive – nel 1976 Marco Pannella e Adele Faccio ed Emma Bonino querelarono il direttore di «Studi cattolici» che li aveva definiti «assassini», e però questo direttore fu assolto, ciò costituisce «un precedente giuridico importante che consentirà al centrodestra di propagandare liberamente la verità anche durante la prossima campagna elettorale, toghe rosse permettendo».
Riassunto. Il centrodestra dovrebbe passare i prossimi mesi a dare di assassina a Emma Bonino in virtù di una sentenza del ‘76, e di passaggio dovrebbe giocoforza farlo – aggiungo io - anche nei confronti di chiunque «istiga gli assassini» nel nostro Paese: ossia l’85 per cento degli italiani che sono favorevoli alla Legge 194, equamente divisi tra destra e sinistra. Occhio però ai giudici comunisti. Berlusconi prenda nota.
Io non ho nessuna particolare voglia di difendere Emma Bonino: è uno di quei radicali che trentacinque anni fa praticò la disobbedienza civile sull’aborto (autodenunciandosi) e contribuì all’introduzione del divorzio e dell’interruzione di gravidanza già presenti in tutti gli altri Paesi occidentali, sto parlando di quegli aborti legalizzati che in Italia calano anno dopo anno e che calerebbero anche di più, se certi ipocriti non impedissero che le ignoranti e le immigrate, coloro cioè che abortiscono in maggioranza, fossero raggiunte da un campagna sulla contraccezione che i vari «teocon» e «teodem» vedono come il demonio.
Più in generale, Emma Bonino è stata uno di quei pazzi – Pannella per togliere il divorzio e l’aborto dalla clandestinità, Tortora per accorgerci che la giustizia fa schifo, Berlusconi per portare la tv privata in Italia e non solo quella, Craxi per modernizzare il Paese – di cui ogni tanto abbiamo bisogno per compensare il perenne ritardo della politica nei confronti della società reale.C’entra qualcosa, quella Bonino anni Settanta, con la sua facoltà di saper governare il Lazio? Niente.
E mi fermo qui, a dispetto della tentazione di dire ancora molto su certe campagne del centrodestra che se ne fottono delle opinioni effettive degli elettori di centrodestra.
Una sola postilla. Non mi si dica che l’attacco personale a Emma Bonino è giustificato dalla necessità di evidenziare la sua distanza dall’elettorato cattolico: da una parte perché non c’è niente che non sapessimo già – nessuna storia scabrosa e dimenticata, voglio dire – e dall’altra perché un sondaggista che mi dica che in Italia esista un «voto cattolico» dipendente dai temi etici, da anni, io lo devo ancora trovare. A meno di intendere la Lista «Aborto, no grazie» che due anni fa prese lo 0,37 per cento, meno della Svp di Siegfried Brugger.
Maurizio Belpietro su Libero del 22 gennaio 2009
Si, lo ammetto: ieri ho sbagliato.La prima pagina sulla Bonino non andava bene: sotto al titolo principale avrei dovuto pubblicare la fotografia di Emma mentre trafficava tra le gambe di una donna e la aiutava ad abortire con una pompa di bicicletta, e invece non l`ho fatto. Non ho avuto lo stomaco. Ho pensato ai lettori che ogni mattina vanno all`edicola e a cui già dispensiamo quotidianamente lo schifo della politica e mi sono chiesto: ce la faranno a reggere un`immagine così forte in prima? Mi sono risposto di no: meglio non urtare le coscienze, preferibile pubblicarla dentro, in una pagina interna. Errore: le coscienze le ho urtate comunque, ma quelle di chi preferisce rimuovere, come il nostro Filippo Facci. Il quale non vuole che si ricordi il passato della leader radicale. Vorrebbe ci limitassimo a dire che è una militante impegnata nella difesa dei diritti civili e nulla più.
Al massimo che ha fatto la commissaria della Ue. Meglio non ripescare le vecchie storie, le provocazioni, le foto mentre pratica un aborto, immagini posate da pubblicarsi sul settimanale Oggi, a corredo di un`inchiesta dal significativo occhiello: come orientarsi nella giungla dei consultori familiari. Quella vecchia istantanea dimenticata nell`archivio della memoria, risale a 35 anni fa, quando la Bonino, all`epoca sconosciuta, coordinava il Cisa, centro informazioni per la sterilizzazione e l`aborto. In realtà, più che distribuire informazioni in quelle stanze si praticavano aborti. A volte le operatrici lavoravano anche a domicilio, cercando di concentrare quattro o cinque interruzioni per casa. Nel 1976 stimarono di averne fatti più di l0mila: erano gli anni della battaglia per la liberazione della donna, degli slogan sulla proprietà dell`utero e sulla propaganda della vasecto- mia come metodo per non avere figli.
La candidata alla Regione Lazio era in prima fila in quella campagna. Non solo teorizzava l`aborto libero e gratis, ma lo praticava pure. In un`ampia intervista alla sorella della Fallaci, spiegò che per liberarsi del feto bastava poco. «Ci vorrebbe l`aspiratore elettrico», raccontava, «senonché costa un mucchio di quattrini e pesa trasportarlo per fare aborti nelle case». Per risparmiare dunque la Bonino usava un sistema più rudimentale: una pompa di bicicletta con la valvola rovesciata e un barattolo di vetro tipo quelli da marmellata. Si spaventano le donne vedendo questa attrezzatura poco professionale? chiese la giornalista. E l`intervistata a rispondere che no, alle donne importava un fico secco: «Anzi, è un buon motivo per farsi quattro risate che contribuiscono a sdrammatizzare la faccenda». Andava fiera la Bonino di quel che faceva, tanto da autodenunciarsi alla procura di Firenze e farsi arrestare dopo la latitanza. Voleva creare un caso, far discutere e costringere la politica a depenalizzare l`aborto, liberando le donne. La vicenda ebbe lunghi strascichi giudiziari. I pm indagarono Emma e altri esponenti radicali per associazione per delinquere aggravata e per aborto, ma la Camera dei deputati, cui nel frattempo era entrata a far parte, negò l`autorizzazione a procedere e lo stesso fece anche anni dopo, nel 1990, quando Pier Luigi Vigna ripresentò la richiesta.
Per paradosso della sorte la sua carriera politica non sarebbe mai cominciata senza quell`immunità parlamentare contro cui la leader radicale si scaglia anche oggi, sostenendo che chi la chiede vuole garantirsi l`impunità. Ma di tutto questo non si deve parlare. Secondo Facci e tanti altri soloni della politica e del giornalismo finto indipendente, certa «roba non dovrebbe trovare dignità di pubblicazione», perché quel che uno ha fatto negli anni Settanta non ha nulla a che fare con quel che farà. Negli Stati Uniti, se qualcuno si candida a fare il governatore di uno Stato, lo rivoltano come un calzino e raccontano perfino se ha fumato uno spinello quando aveva 18 anni e frequentava l`università, ricostruendo tutto, ma proprio tutto, del suo passato. L`articolo di Libero sulla Bonino dunque non è né un attacco personale né un`offensiva contro la legge 194. E solo informazione: so che è difficile capirlo. Ancor di più so che è difficile praticarla.
Segue l’articolo incriminato.
Andrea Morigi per Libero del 21 gennaio 2009
Aborti, non parole. Gli elettori laziali possono sciogliere i loro eventuali dubbi: Emma Bonino mantiene le promesse elettorali. Lo testimonia la sua storia personale, anche quella dimenticata nei ritratti ufficiali, che ora la esaltano come paladina dei diritti umani. Solo raramente invece spunta una fotografia, pubblicata da Oggi nel 1975, che la ritrae curva davanti a una donna a gambe divaricate nell’atto – vero o messo in scena per il servizio – di strappare la vita a un bambino. Ma l’attuale candidata radicale, appoggiata dal Pd alla presidenza della Regione Lazio, a quei tempi, combatteva una battaglia per il «diritto a una maternità scelta», dirà nel 2006 a Grazia. Da militante radicale, agiva, infilando il tubo di una pompa da bicicletta nell’utero delle donne che si rivolgevano a lei per uccidere il figlio che portavano in grembo. Era l’attuale vicepresidente del Senato ad aspirare personalmente il «contenuto dell’utero». Poi lo depositava in un vaso da marmellata.
È lei stessa a ricostruire il macabro procedimento, tralasciando soltanto un particolare: i feti finivano fra i rifiuti. A Neera Fallaci, di Oggi, confidava però la propria e altrui indifferenza: «Alle donne non importa nulla che io non usi un vaso acquistato in un negozio di sanitari, anzi, è un buon motivo per farsi quattro risate». Le aveva insegnato a riderci sopra Adele Faccio, con cui nel 1974 aveva fondato a Milano il Centro Informazioni Sterilizzazione e Aborto, che vanta il record di 10.141 aborti procurati, all’epoca clandestinamente, cioè contro la legge che li considerava infanticidi. La Bonino finì anche in galera per qualche giorno, autodenunciandosi. Siccome – allora come oggi – le leggi venivano fatte e disfatte dai magistrati, se la cavò con un’assoluzione che le spalancò le porte del Parlamento, anticipando politicamente la legge 194 del 1978, che ha stabilito le regole per la cosiddetta interruzione di gravidanza. Attualmente si sopprimono circa oltre 120mila l’anno. In trentadue anni di vigenza, senza contare gli eccidi compiuti con mezzi di fortuna, sono milioni gli italiani che l’anagrafe non ha nemmeno potuto registrare. Tanto, mica votano. Eppure, da qualche giorno, la Bonino si mostra tranquilla anche a proposito dei suoi rapporti con il Vaticano: «Sia sui carcerati che sugli immigrati e i malati, il mio rapporto con le associazioni cattoliche è sempre stato ottimo », rispondeva l’altro ieri a Maurizio Belpietro, a Mattino Cinque, dicendosi sicura che «i cattolici, come tutti, ragioneranno sulle candidature, sui percorsi di vita, sui programmi».
Fra i cristiani che con lei non intrattengono buoni rapporti, vi è Cesare Cavalleri, che sul mensile che dirige, Studi Cattolici, nell’ottobre 1976 scrive che Marco Pannella, Adele Faccio ed Emma Bonino, istigatori dell’aborto, sono «oggettivamente assassini», in quanto «chi pratica l’aborto è un assassino, e chi istiga gli assassini o con loro collabora si macchia moralmente dello stesso delitto». I tre lo querelano, e il 7 luglio 1980 il Tribunale di Milano lo assolve perché «il fatto non costituisce reato ». Un precedente giuridico importante, che consentirà al centrodestra di propagandare liberamente la verità anche durante la prossima campagna elettorale, toghe rosse permettendo. Del resto, della libertà d’opinione, la Bonino si è fatta sempre fatta paladina. In occasione del FamilyDay, il 12 maggio 2007, si era unita alla contro-manifestazione di piazza Navona, Coraggio Laico, indetta per ricordare la vittoria referendaria per il divorzio. In effetti Romano Prodi, il cattolico adulto, l’aveva nominata ministro per il commercio internazionale e le politiche europee. E anche per questo si era inimicato la Santa Sede e l’elettorato cattolico.
Non ne tenne conto nemmeno Silvio Berlusconi quando, da presidente del Consiglio, nel 1995 la nominò commissario europeo. Subito dopo, caduto il suo primo governo, lasciò le chiavi di Palazzo Chigi a Lamberto Dini
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