domenica 28 marzo 2010

Dopo le regionali arriva la manovra lacrime e sangue

Dopo le regionali arriva la manovra lacrime e sangue: "Più tasse per tutti: la Ue ha bocciato le stime di crescita di Tremonti.

Archiviato il voto il governo dovrà trovare 20 miliardi entro l'estate



di Superbonus



"L’ Italia sta uscendo dalla crisi prima e meglio di altre nazioni europee": se le bugie dei politici avessero un costo questa l’abbiamo pagata 2,2 miliardi di euro. Infatti nel piano di salvataggio della Grecia varato dalla Unione europea (impegni bilaterali a prestare denaro ad Atene se le aste di titoli di debito andranno deserte) l’Italia sarà chiamata a contribuire con questa cifra. Come poteva infatti tirarsi indietro una nazione che nelle proprie previsioni è già uscita dalla crisi e che nei prossimi due anni crescerà, secondo il ministro dell’economia, del quattro per cento? Da dove usciranno fuori questi soldi nessuno lo dice.



SENZA VIA D’USCITA. Berlusconi ha sottoscritto l’aiuto alla Grecia senza che abbia avuto l’occasione e l’autorevolezza di dire una parola, condannando se stesso non solo a un pagamento imprevisto ma anche a una manovra economica immediata prima dell’estate. Tremonti aveva tentato di lasciare la totale responsabilità del salvataggio greco al Fondo monetario internazionale con due finalità: risparmiare soldi e riservare l’intervento europeo per una prossima occasione, quando a dover chiedere aiuto potrebbero essere paesi con una dimensione del debito più grande (tipo l’Italia). Fino a quando era stato il nostro ministro dell’Economia a condurre le trattative, l’Italia aveva saldamente mantenuto questa posizione. L’asse franco tedesco tra Nicolas Sarkozy e Angela Merkel dell’ultima settimana ha spazzato via le resistenze di un Berlusconi che, forse troppo impegnato a denunciare complotti delle toghe rosse, non ha capito le implicazioni che ha per l’Italia e per la stabilità del suo governo l’accordo raggiunto sulla questione greca.



IL COMPROMESSO. L’accordo prevede infatti che la Grecia potrà accedere al fondo monetario internazionale per ritirare i primi 10 miliardi nel caso in cui non si riuscisse a finanziare sui mercati internazionali e successivamente si provvederebbe ad una serie prestiti bilaterali con i Paesi europei, Italia compresa. Nessuna creazione di un fondo europeo per le crisi da finanziare con emissioni di titoli obbligazionari europei, nessun intervento solitario di Germania e Francia nessuna azione che potesse escludere dall’intervento i paesi più deboli. Gli investitori internazionali hanno subito capito che questa modalità di salvataggio può funzionare per paesi di piccole dimensioni ma se i problemi dovessero averli Italia o Spagna, allora la musica sarebbe molto diversa.



I CONTI PUBBLICI. La stitica solidarietà europea non potrebbe più manifestarsi e saremmo lasciati soli con i nostri problemi, questo non fa che aumentare la necessità di Tremonti di mettere i conti a posto rapidamente. Nessuno crede più alle previsioni di crescita economica contenute nel Dpef e conseguentemente ale promesse di contenimento del rapporto tra deficit e Pil. I più ottimisti (come la Commissione Europea) dicono che nel biennio 2011/2012 la crescita media dell’economia italiana sarà del 1,4 per cento annuo, altri analisti di mercato sostengono che ci fermeremo al 1 per cento. Se queste stime si riveleranno corrette, a Tremonti mancano dai 20 ai 30 miliardi di euro per far quadrare i conti, come calcolato dal Fatto Quotidiano già a novembre 2009 quando, a chi voleva vederlo, era già evidente che le previsioni economiche del governo erano volutamente taroccate e servivano semplicemente a guadagnare abbastanza tempo per rimandare la stangata a dopo le elezioni regionali.



PIÙ TASSE PER TUTTI. La novità ora è che la manovra non sarà più rimandabile perché, venuta meno la speranza di un solido paracadute europeo, i mercati guardano con crescente attenzione alla nostra finanza pubblica e al suo stato di salute. Nelle prossime settimane sarà molto interessante capire come si muoverà il ministro dell’Economia per reperire le risorse necessarie da inserire nel Dpef 2011/2013. E tagliare le spese, in questo contesto, non sarà facile: i bambini a scuola hanno il grembiulino ma non le insegnanti di sostegno, d’inglese e d’informatica, ai ministeri ci sono i tornelli ma Bertolaso ha assunto 480 persone in 6 anni, le regioni commissariate dal governo per i buchi sulla sanità continuano ad aumentare i debiti ed i comuni sono in rivolta sul patto di stabilità. Visto che fino ad ora gli interventi sulla spesa pubblica sono stati tutti estemporanei senza un piano preciso di razionalizzazione e di rilancio delle strutture pubbliche non possiamo attenderci nulla di diverso. Il dibattito non sarà su cosa tagliare e su quali sprechi ridurre, se fermare o meno la follia del ponte sullo Stretto ma semplicemente su come presentare il conto agli italiani. Come fare in modo che non capiscano che stanno arrivando altri sacrifici sotto forma di tagli ai servizi offerti dallo Stato e dagli Enti Locali o come mascherare un aumento delle tasse facendolo passare per una grande riforma. Certo non è a questo scenario che Berlusconi sembrava alludere quando ha detto che subito dopo le elezioni porterà in parlamento i provvedimenti di "una rivoluzione liberale che prevede la riforma del fisco". In realtà quello di cui sembra aver bisogno questo governo è un bel pasticcio sulle aliquote o sulla base imponibile, utile per confondere le idee e far tornare i conti.

Fino a ora Tremonti ha resistito alla tentazione del blitz fiscale in cui cade ogni tanto Berlusconi ed è arrivato a minacciare le dimissioni quando il presidente del Consiglio si stava impuntando a tagliare l’Irap (che vale 40 miliardi). Continuerà nel suo atteggiamento conservativo o, per salvare la poltrona, sarà disposto a ingannare la piccola borghesia del nord che lo osanna conuna riforma fiscale che serve solo ad aumentare il gettito?



Da il Fatto Quotidiano del 28 marzo"

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