Invece che sanzionare Minzolini e Masi, sospendono Loris Mazzetti per gli articoli sul "Fatto"
Sorvegliare e punire. Ma non come chiedono alcuni politici (tra cui Antonio Di Pietro) e i sindacati dei giornalisti – chi è indagato per rivelazione di atti coperti da segreto, come Augusto Minzolini. Né chi appare a disposizione del presidente del Consiglio nonostante il suo ruolo di direttore generale della televisione pubblica, cioè Mauro Masi, che nelle intercettazioni dice delle pressioni del premier che "così neanche nello Zimbabwe". La Rai interviene invece per sospendere il giornalista Loris Mazzetti, storico braccio destro di Enzo Biagi, per 10 giorni. La colpa? Aver scritto sul Fatto Quotidiano articoli sulla Rai giudicati dalla direzione del personale “dannosi” per l’immagine dell’azienda.
Mazzetti – capostruttura di RaiTre a Milano e responsabile di alcuni dei programmi più importanti della rete per ascolti e introiti pubblicitari, come Che tempo che fa – commenta: "Da quando è uscito il Fatto mi sono arrivati prima ammonimenti, poi minacce di procedimenti disciplinari e ora addirittura una sospensione di dieci giorni dal mio stipendio e soprattutto dalle mie funzioni”. Una punizione motivata dall’obbligo di fedeltà previsto dal contratto che tutti i dipendenti Rai devono firmare. Ma proprio su questo punto Mazzetti protesta e annuncia che porterà l’azienda in tribunale perché "sia un giudice a stabilire se sono io che danneggio la Rai oppure se è Masi. Ai piani alti di viale Mazzini ho sempre raccontato tutto prima di scriverlo sul Fatto. Ma le mie proteste sono rimaste inascoltate, quindi ho ritenuto giusto denunciarle pubblicamente, perché sono un cittadino e perché esiste l’articolo 21 della Costituzione: ritengo con questo comportamento di fare un favore al servizio pubblico, non un danno”. E’ poi giurisprudenza consolidata nella Cassazione che i dipendenti possano criticare la Rai, nei limiti della verità e della non aggressività. Di “abusi palesi” parla Di Pietro, dell’Italia dei Valori: “Questa Rai punisce chi pone l’etica al centro della propria azione e premia coloro che abusano del ruolo assegnatogli”. E’ perplesso anche il vicepresidente della commissione Vigilanza Rai, Giorgio Merlo del Partito democratico, che pure in passato è stato molto critico con trasmissioni come Annozero: “Forse sarebbe utile che le regole venissero sempre applicate, altrimenti si rischia un’azienda dove tutto è possibile perché tutto è opinabile. O si recupera credibilità e trasparenza, oppure il servizio pubblico è condannato al crepuscolo”.
Di un’operazione intimidatoria e censoria parla anche la Federazione nazionale della stampa, denunciando anche un altro episodio: “Il consigliere di amministrazione Angelo Maria Petroni ha intenzione di chiedere al Cda, proprio in base al Codice etico dell’azienda, una punizione per il direttore di RaiTre Antonio Di Bella, colpevole – si legge nella nota – di aver diffuso l’altroieri una dichiarazione mettendo a confronto gli ascolti infinitesimali delle tribune elettorali di martedì sera con lo share solitamente conseguito da Ballarò”. Di Bella ha infatti parlato di “grave danno per la rete e per l’azienda”. C’è chi dà però una lettura più preoccupante di questo atteggiamento punitivo dell’azienda. Mazzetti si domanda: “Che cosa accadrà a tutti coloro che il 25 marzo saliranno con Michele Santoro sul palco del Paladozza a Bologna per lo speciale Rai per una notte?". Lo stop a Mazzetti potrebbe dunque costituire un precedente per poi punire chi manifesterà, di fatto, contro le decisioni dell’azienda il 25 marzo. Adriano Celentano ha già rinunciato a partecipare all’evento. Reagisce in via preventiva il presidente Fnsi Roberto Natale, che al Fatto dice: "Che ci provino! Quello che è successo è una vergogna, l’iniziativa del prossimo giovedì è per la libertà di stampa". E aggiunge: "Non si azzardi la Rai ad applicare anche lì la sua smania censoria trincerandosi dietro il codice etico".
Da il Fatto Quotidiano del 20 marzo
domenica 21 marzo 2010
Ritorsione Rai
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