A far notare che l’immagine delle istituzioni è forse nel punto più basso della sua storia, in periodi come questo, si rischia di passare per noiosi. Correrò il rischio. Anche perché goccia dopo goccia, schifo dopo schifo, siamo davvero allo sfascio di ogni baluardo di riferimento, all’inasprimento pressoché definitivo di ogni conflitto istituzionale, alla delegittimazione progressiva degli ultimi basamenti un tempo ritenuti intoccabili come la Corte Costituzionale e la Presidenza della Repubblica: questo per fermarsi alle tappe finali. Non è che tutto può succedere: succede già.
Il paventato clima incivile si è spalmato su tutto. Il capo dello Stato è finito sulle magliette viola e ci sono ex magistrati falliti e sgrammaticati che gli danno del piduista senza che ormai succeda nulla: solo un anno fa sarebbe stato impensabile. E mentre la Rai tace per l’allucinante abrogazione dei talkshow (contribuendo a un clima sempre più surreale) noi dovremmo convincerci che tutto questo, questa guerra santa urlata sulle macerie delle istituzioni, sia in realtà solo il travestimento di una banale campagnetta elettorale per eleggere un tizio in Basilicata o in Lombardia. Ma non è così, è il contrario. C’è uno Stato che si sta sfasciando e ci sono loro che pensano solo alle regionali.
La verità è che queste elezioni regionali sono una iattura, fanno solo perdere un sacco di tempo e contribuiscono mortalmente al mantenimento di quel perpetuo clima elettorale che ha trasformato questo Paese in un’arena. Anche perché, dopo le europee del giugno scorso e queste regionali, presto o tardi seguiranno altri imperdibili giri di boa (qualche test amministrativo nelle grandi città) e tutto tornerà a congelarsi esattamente com’è ora, col governo fermo chissà perché, i giornalisti ipersensibili a ogni sciocchezza, il Paese virtuale avviluppato in una tensione artificiosa che il Paese reale non percepisce per niente. Occorrerebbe conglobare tutte le elezioni in uno stesso periodo e chiuderla lì, mica pretendere di contaminarci ogni venti minuti coi germi di chi è malato di politica e la vive come un torneo. Ogni ragionamento sui tassi di astensionismo deve partire da questo: dall’impossibilità, anche fisica e psicologica, di ritenere credibile chi di punto in bianco riparla di comunismo e di fascismo quando il problema è governare la Campania o la Lombardia. Ieri un neo sottosegretario – non lo nominiamo – ha detto che «Bin Laden e i terroristi sarebbero contenti se alle regionali vincesse la sinistra». Ha ragione, Bin Laden non pensa ad altro. Anche Obama, dicono, non riesce a prendere sonno. Finalmente un tema concreto. Di corsa a votare.
(Libero 19 e 20 marzo)
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