domenica 7 marzo 2010

Ma Dell'Utri che c'entra?

Ma Dell'Utri che c'entra?: "L'inedito di Pasolini, l'Eni e quei misteriosi legami siciliani

di Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza

Palermo - E adesso ?lo scoop letterario di Marcello Dell’Utri può diventare un input giudiziario, provocando la riapertura dell’inchiesta sull’uccisione di Pier Paolo Pasolini, assassinato all’Idroscalo di Ostia la notte tra l’1 e il 2 novembre del 1975. E’ l’avvocato Stefano Maccioni (che un anno fa, assieme alla criminologa Simona Ruffini, depositò alla Procura di Roma un’istanza per riaprire le indagini sulla morte del poeta) a chiedere oggi ai magistrati il sequestro del misterioso dattiloscritto in possesso del senatore bibliofilo. Secondo Dell’Utri, si tratta di quindici pagine che costituirebbero un sunto di “Lampi sull’Eni'”: il capitolo scomparso del romanzo “Petrolio”, l’ultima opera letteraria di Pasolini, pubblicata postuma da Einaudi nel 1992.

E’ il romanzo che per la prima volta denuncia con illuminante chiarezza le origini della strategia della tensione in Italia, culminata nella stagione delle stragi impunite, orchestrata e finanziata – secondo Pasolini – da potentati economici, in un gioco perverso tollerato persino dai più alti rappresentanti delle istituzioni. Un romanzo che Pasolini non riuscì a terminare proprio perché fu assassinato e che potrebbe costituire addirittura la ragione della sua eliminazione. “Riterrei necessario – annuncia Maccioni – che il pm Diana De Martino provvedesse al sequestro del manoscritto, poiché tale documento potrebbe costituire il movente dell’omicidio di Pier Paolo Pasolini”. Un omicidio, con ogni probabilità, di chiara matrice “politica”. Perché il capitolo misteriosamente scomparso è così importante?
 
“Lampi sull’Eni” potrebbe costituire proprio il cuore di “Petrolio”, spiegando tutti i retroscena della morte del presidente dell’Eni Enrico Mattei, precipitato nelle campagne di Bascapé in seguito a un attentato camuffato da incidente aereo nel 1962. Quell’incidente che Amintore Fanfani definì “il primo gesto terroristico del nostro paese”. Sostiene ora Dell’Utri, l’unico che ha in mano quelle pagine e che le ha lette in attesa, come dice, di ricevere l’intero capitolo di 78 pagine: “Parlano dell’Eni, di loschi intrecci, di particolari sulla morte di Mattei. Contengono feroci accuse a Cefis. E’ più di un giallo, perché si collega ad altri enigmi. La morte di Mauro De Mauro, quella dello stesso Pasolini”. Che significa tutto ciò? Per l’ex pm di Pavia Vincenzo Calia, che negli anni passati ha indagato sulla fine di Mattei, l’attentato di Bascapé sarebbe il frutto di un complotto tutto italiano, orchestrato “con la copertura degli organi di sicurezza dello Stato” e poi occultato in un intreccio di omertà e depistaggi pronti a ricompattarsi ogni volta che, nella storia del paese, qualcuno minaccia di rivelarne il segreto.

Per questo motivo sarebbe morto, nel 1970, Mauro De Mauro, il giornalista de L’Ora di Palermo, impegnato a scavare sulla morte del presidente dell’Eni mentre scriveva la sceneggiatura del film di Francesco Rosi sul caso Mattei. Per lo stesso motivo, Pasolini, ucciso ufficialmente in un’assurda lite tra “froci”, potrebbe essere rimasto vittima di un agguato studiato a tavolino. In “Petrolio”, infatti, lo scrittore alludeva a pesanti responsabilità di Eugenio Cefis, successore di Mattei alla presidenza dell’Eni e poi presidente di Montedison, nella scomparsa del suo predecessore. Alle stesse conclusioni, a quanto pare, era giunto pure De Mauro, che, per raccogliere notizie sulla fine di Mattei si era rivolto all’avvocato Vito Guarrasi, l’uomo di Cefis in Sicilia. Ma chi era Cefis? Dal dopoguerra in poi è stato il grande vecchio della finanza italiana, protagonista di un sistema che, secondo Massimo Teodori, componente radicale della Commissione sulla Loggia P2, “diviene progressivamente un vero e proprio potentato, che sfruttando le risorse imprenditoriali pubbliche, condiziona pesantemente la stampa, usa illecitamente i servizi segreti dello Stato a scopo di informazione, pratica l’intimidazione e il ricatto, compie manovre finanziarie spregiudicate oltre i limiti della legalità, corrompe politici, stabilisce alleanze con ministri, partiti e correnti”.

Ma non solo. Secondo una nota del Sismi, “la loggia P2 è stata fondata da Eugenio Cefis, che l’ha gestita fino a quando è rimasto presidente della Montedison”. Nelle pagine di “Petrolio”, proprio Cefis appare come un protagonista. Nel romanzo, infatti, compaiono sia Mattei sia Cefis, rispettivamente con i nomi di fantasia di Bonocore e Troya. E, in un appunto, Pasolini è più che esplicito: “Troya (!) sta per essere fatto presidente dell’Eni, e ciò implica la soppressione del suo predecessore”. Ecco perché, nella sua complessa inchiesta giudiziaria sulla fine di Mattei (conclusa con un’archiviazione), il pm Calia ipotizza un legame tra le morti del presidente dell’Eni, di De Mauro e di Pasolini. Ed ecco perché le quindici pagine affidate a sorpresa a Marcello Dell’Utri possono fare paura a molti. Da dove provengono?

Il senatore del Pdl, dopo aver svelato che è stato “un privato” a mettere a disposizione il capitolo mancante di “Petrolio”, si è affrettato a precisare: “Sia chiaro che questo documento riguarda un periodo lontano, quindi parla di un Eni che non c’entra con l’attuale. Dico questo perché non si pensi a manovre”.

Ma Gianni D’Elia, autore de “Il petrolio delle stragi” (Edizioni Effigie), tra i massimi studiosi dell’opera di Pasolini, non ci crede: “Quel capitolo, ritenuto un documento storico sulle stragi in Italia, è stato rubato da casa di Pasolini. In termini giuridici è un corpo del reato. Se è vero, Dell’Utri deve dire come ?lo ha avuto, chi glielo ha dato, per quali fini”. E ancora: “Ho scritto che c’era una continuità tra il potere proto-piduista di Cefis e il potere attuale, ma mai avrei creduto che un’eredità culturale e politica contemplasse anche il ricevere quelle carte”.

D’Elia ricorda che “una delle tante società offshore della Edilnord era intestata al padre dell’avvocato Previti e si chiamava, con poca fantasia, Cefinvest”. E conclude: “Mi chiedo: chi vogliono colpire? Quali traffici ci sono ora con l’Eni? Questa è una storia che non finisce qui”. Sono molti, infatti, i punti da chiarire sulla improvvisa ricomparsa del capitolo mancante di “Petrolio”: perché spunta proprio adesso? Chi ?lo ha tenuto nascosto fino ad oggi? E perché arriva proprio a Dell’Utri, il cui padre Alfredo, deceduto nel 1971, fu socio di Vito Guarrasi, l’uomo di Cefis in Sicilia (come è scritto nella scheda biografica dell’avvocato palermitano redatta dalla Dia e agli atti del processo De Mauro in corso a Palermo) dal 1948 al 1950 nella società per azioni Ra.Spe.Me. per la vendita di prodotti medicinali?

da il Fatto Quotidiano del 4 marzo"

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