Un tempo lo scolaro indisciplinato si beccava uno scappellotto dal professore e poi uno scappellotto anche a casa: oggi invece se vola un buffetto arriva il Tg1, i giornali, venti associazioni, la scuola chiuderebbe e il professore girerebbe con la scorta. Ma non stiamo parlando di questo, la disputa non verte sul consueto confronto tra educatori reazionari e pedagoghi progressisti. Non ci stiamo stupendo nello scoprire che nella Germania del dopoguerra la Curia tedesca toh guarda, era ancora un pizzico conservatrice e dispensava qualche bacchettata.
Si parla d’altro. Nella scuola elementare legata al celebre coro di Etterzhause, così come nel liceo e nel convitto di Ratisbona, le punizioni corporali erano quotidiane. Si picchiava sulle mani con un bastone – mi rifaccio a interviste e documenti letti in questi giorni – e spesso i bambini di nove o dieci anni venivano colpiti sul sedere nudo. Si parla di pedofilia conclamata e di abusi sessuali per i quali il presidente della Conferenza episcopale tedesca, Robert Zollitsch, ha dovuto scusarsi pubblicamente: dopodiché, di che cosa fosse precisamente al corrente George Ratzinger, a me importa poco. Perché non stiamo parlando neppure solo di pedofilia e tantomeno del fratello del Papa, perché il tema – ciò che vorrei – è la specificità dei preti pedofili. Il punto non è che gli ecclesiastici sono esseri umani come gli altri e che le mele marce capitano anche lì: il punto, sottaciuto e terribile, è che la percentuale di preti pedofili è superiore a qualsiasi altra categoria. Il cardinale Claudio Hummes, prefetto della Congregazione per il Clero, nel giugno 2009 ha ammesso che i casi di pedofilia acclarata tra i sacerdoti sfiora mediamente il 5 per cento; Silvano Tomasi, arcivescovo osservatore della Santa Sede all’Onu, è giunto a conclusioni analoghe esattamente come uno studio statunitense del 2004, organizzato dalla conferenza episcopale. Sembran pochi? Ebbene, le accuse di pedofilia normalmente riguardano una persona su duemila, cioè lo 0,05 del totale. Non il 5 per cento.
Ecco perché non stiamo parlando di educazione più o meno rigida ma del corollario più classico e «corporale» della pedofilia e della pederastia. Parliamo di casi documentati a migliaia in tutto il mondo a fronte della censura a oggi più formidabile tra quelle disponibili su piazza. Soprattutto nella nazione, questa, che nel maggio 2007 visse uno psicodramma nazionale solo perché Annozero tentò di mandare in onda un documentario della Bbc sull’argomento: e pazienza se lo stesso Benedetto XVI, l’anno precedente, sul tema aveva detto parole durissime.
Del resto Monsignor Giuseppe Betori, segretario della Cei, nel maggio 2002 aveva liquidato tutto così: «I preti pedofili sono un fatto assolutamente marginale ed estremamente limitato». E, ancora ieri, il portavoce della Santa Fede Federico Lombardi minimizzava: «La pedofilia non è solo nella Chiesa». No, ma lo è soprattutto. Ecco perché il non voler ammettere la verità sta portando la Chiesa a una crisi d’immagine spaventosa.
(Libero, 10 marzo 2010)
Da Wikipedia:
Il dott. prof. Gene G. Abel, ordinario di Psichiatria alla Facoltà di Medicina dell’Università di Emory in Georgia, direttore della Clinica per i disturbi sessuali di Manhattan, ha realizzato per il National Institute of Mental Health il più grande studio al mondo sul fenomeno pedofilia. E’ durato otto anni ed è stato condotto su 16 mila adulti che hanno ammesso di aver molestato almeno un bambino.
Secondo i dati dello studio, i pedofili tenderebbero a modificare le loro attività sociali e lavorative scegliendo stili di vita e mestieri a contatto con i minori, in special modo occupando posizioni che permettano di ottenere agevolmente la fiducia dei bambini e genitori. In particolare un pedofilo adatta la propria professione alle proprie esigenze sessuali.
«I molestatori spesso diventano leaders di gruppi giovanili, infermieri, capi scout, insegnanti, “Big Borithers” e pediatri… Un pedofilo è spesso un fervente cristiano con ruoli all’interno della sua Chiesa»
Secondo uno studio condotto su 1500 preti da Conrad Baars, psichiatra tedesco di orientamento cattolico, citato anche da Thomas P. Doylesulla rivista Pastoral Psycology e sottoposto nel 1971 al Sinodo dei Vescovi in Roma, alcuni preti sono affetti da problemi psicosessuali inaspriti dal celibato al quale non si viene sufficientemente preparati durante l’istruzione ricevuta in seminario.
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