Decreto Romani: salta la norma sullo streaming ma...: "Approvato questa mattina, il decreto Romani doveva recepire una direttiva europea, ma secondo l'opposizione è stato trasformato dal governo “in una riforma radicale della nostra normativa sui media”. Il decreto interviene anche sulla rete, equiparando alcuni siti web che trasmettono video in streaming ai canali tv: diventano tutti “servizi audiovisivi” con obblighi identici. Nella versione originale del decreto era contenuta una norma che puntava ad equiparare qualsiasi trasmissione di video in streaming sul web ai tradizionali canali televisivi.
Nella versione approvata oggi questa norma è saltata: non vengono equiparati ai canali televisivi “siti Internet tradizionali come i blog, i motori di ricerca, versioni elettroniche di quotidiani e riviste, giochi online” e comunque tutti i servizi che “non risultano in concorrenza con la radiodiffusione televisiva”. Tutti gli altri risulteranno invece “servizi audiovisivi” a tutti gli effetti e con gli stessi obblighi dei canali tv, a cominciare dalla richiesta di autorizzazione, che diventa obbligatoria, da inoltrare all'Agcom.
Punti da segnalare:
1) I soggetti esentati dalla richiesta di autorizzazione e dagli obblighi derivanti sono indicati, come visto, per esclusione (blog, motori di ricerca, ecc). Non è specificato il caso di “piattaforme” e “social network” come per esempio YouTube o Vimeo. Non è chiaro perciò se anche questi soggetti verranno equiparati agli altri “servizi audiovisivi”: tutto dipende dall'interpretazione che verrà data del decreto.
2) Questione pornografia. L'articolo 3 stabilisce che l'Agcom “può disporre la sospensione provvisoria di ricezione o ritrasmissione di radiodiffusioni televisive provenienti da Stati dell'Unione europea” nel caso “di programmi che possano nuocere allo sviluppo fisico, mentale o morale dei minorenni”. L'Agenzia della Comunicazione, che diventa una specie di sceriffo del web, potrà quindi definire quali contenuti possono nuocere alla crescita dei minorenni, e avrà quindi potere di “scelta dell'ora di trasmissione o qualsiasi altro accorgimento tecnico escludano che i minorenni che si trovano nell'area di diffusione assistano normalmente a tali programmi”. Quindi, in teoria, potrebbe anche decidere di negare l'accesso a siti pornografici ai soli minorenni, e solo in alcune fasce orarie. Misure poco applicabili vista la natura della rete
3) Tv. Il decreto non dimentica la tv tradizionale: taglia di un terzo gli affollamenti pubblicitari per Sky, e premia invece Mediaset trasformando le televendite in programmi, e non più in spazi pubblicitari. Aumenta perciò la pubblicità che le reti del Biscione potranno mandare in onda a scapito di Sky.
4) Pirateria. Il governo incarica l'Agenzia delle Comunicazioni di approntare degli strumenti per tutelare il copyright su Internet: “L'Autorità emana le disposizioni regolamentari necessarie per rendere effettiva l'osservanza dei limiti e divieti in tema di diritto d'autore”. Un testo lascia spazio a forzature (filtraggi, oscuramenti, ecc.) per combattere la pirateria a scapito della libertà degli utenti. Tutta il decreto appare pasticciato e di scarsa applicazione così come era nella sua versione originale. È stata eliminata la norma più critica, quella sulle dirette streaming, ma ampi spazi di manovra vengono attribuiti all'Agcom. Inoltre, molte misure appaiono del tutto avulse rispetto alle dinamiche della rete.
Paolo Gentiloni, responsabile comunicazioni del Partito democratico, ha dichiarato: “Escludere del tutto Internet da una direttiva televisiva sarebbe stato comunque più chiaro e avrebbe evitato le incertezze interpretative che invece non mancheranno”. Il testo finale sembra confermare la volontà del governo di tenere in qualche modo Internet, primo concorrente delle televisioni, sotto tiro.
Le agenzie di stampa fanno sapere che questa mattina “Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha lasciato il Consiglio dei ministri al momento dell’approvazione del decreto legislativo che recepisce la direttiva europea sulla tv e il web”.
Ma è difficile credere che basti questo per garantire l'interesse pubblico quando si approvano provvedimenti che riguardano i suoi interessi politici ed economici."
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