Certe cose, però, sono vere. Sono vere e basta.
Sono vere indipendentemente da come le chiami, le strumentalizzi, le getti in caciara elettorale.
Ossia: il tasso di democrazia interna ai partiti non è mai stato così basso. Le inchieste giudiziarie sono mine vaganti. La magistratura si muove apertamente contro il governo mentre il governo si muove apertamente contro la magistratura. Il Parlamento non è mai stato così irrilevante, professionalmente squalificato, succube di decisioni prese altrove in base a sondaggi volanti. L’opposizione storica non è mai stata così infiacchita, impotente. Il Pdl sembra una monarchia in subbuglio. La cancellazione per un mese di molti programmi giornalistici, in effetti, non si era mai vista: una censoria stupidaggine che favorirà le disaffezione degli elettori già a rischio astensione. Ogni istituzione è delegittimata. I Di Pietro e i guastatori professionali soffiano su ogni fuoco. Eccetera.
Detto questo, io non ho tanto paura che in questo Paese possa esserci una svolta autoritaria: ho paura che possa esserci qualsiasi svolta senza che neppure ce ne accorgiamo. Ho paura che, presi dalla faziosità, non riusciamo più a chiamare le cose – vere – col loro nome. Ho paura che questo Paese affoghi ancora di più nell’ignavia, nell’accidia, in quell’indolenza molto italiana che, mischiata alla crisi e alla paura, è prodromo di ogni peggio.
(Libero, 4 marzo 2010)
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